È facile rilevare come lo smarrimento del Padre abbia di solito fatalmente condotto sia al culto indebito della personalità e alla venerazione del tiranno sia alla schiavizzazione dei fratelli.
Naturalmente questa “antropolatria” non ha niente a che vedere con l’“antropocentrismo” di chi riconosce nell’uomo «il culmine dell’universo e la suprema bellezza del creato», colui che detiene «la sovranità su tutti gli esseri viventi», come dice sant’Ambrogio.
L’antropocentrismo è prerogativa essenziale del disegno divino, in quest’ordine di cose liberamente eletto tra gli infiniti possibili, dal momento che il Padre ha collocato Cristo Gesù, uomo divinamente personalizzato, al centro di tutto e in lui ha chiamato tutti gli uomini a sé, facendoli partecipare, mediante l’inabitazione dello Spirito Santo, prima alla sua natura e poi alla sua stessa gloria. Come si vede, il vero antropocentrismo include nel suo stesso contenuto concettuale il rapporto privilegiato col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, e non lascia spazio ad alcuna forma di antropolatria.
Antropolatria e antropocentrismo, anche se all’esterno possono presentare qualche somiglianza, nella realtà sono dunque diversi e incompatibili».
Giacomo Biffi. “La bella, la bestia e il cavaliere”, Jaca Book, Milano 1984
Nei tempi pagani, allorchè Dio era ignorato e misconosciuto, si cadeva facilmente nella verazione del tiranno poichè egli racchiudeva la forza e la potenza, attributi divini, e gli impulsi dell'uomo sottomesso vanno verso il Forte.Il culto della personalità è retaggio pagano, seppur ancor oggi tanto in auge, purtroppo.
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