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giovedì 16 dicembre 2010

La libertà, nobilissimo dono di natura

«Gli antichi filosofi definivano sapiente chi avesse appreso a vivere costantemente secondo natura, cioè onestamente e virtuosamente. […]
Tra le leggi degli uomini alcune riguardano ciò che per natura è bene o male; esse, corredate dalla debita sanzione, insegnano a seguire il bene e a fuggire il male. Ma siffatte disposizioni non traggono origine dalla società umana, poiché come la stessa società non ha generato la natura umana, così del pari non crea il bene che conviene alla natura, né il male che ripugna alla natura. Tali leggi precedono la società civile e sono assolutamente da ricondurre alla legge naturale e perciò alla legge eterna. […]
Dunque nella società umana la libertà nel vero senso della parola, non è riposta nel fare ciò che piace, nel qual caso subentrerebbe il maggior disordine che si risolverebbe nella oppressione della cittadinanza, ma consiste nel vivere agevolmente in virtù di leggi civili ispirate ai dettami della legge eterna. […]
Se un qualunque potentato sancisce una norma che sia in contrasto con i principi della retta ragione e sia funesto per lo Stato, essa non ha nessuna forza di legge, poiché non è regola di giustizia e allontana gli uomini dal bene, per il quale la società è nata. […]
La natura della libertà umana, comunque la si consideri, tanto nelle persone singole quanto consociate, e non meno in coloro che comandano come in coloro che ubbidiscono, presuppone la necessità di ottemperare alla suprema ed eterna ragione, che altro non è se non l’autorità di Dio che comanda e vieta. Questa sacrosanta sovranità di Dio sugli uomini è ben lontana dal sopprimere la libertà o dal limitarla in alcun modo, tanto che, se mai, la protegge e la perfeziona. […]
Una volta confinato nella sola e unica ragione umana – che rifiuta l’obbedienza dovuta alla divina ed eterna ragione – sparisce il criterio del vero e del bene e la corretta distinzione tra il bene e il male. Le infamie non differiscono dalla rettitudine in modo oggettivo ma secondo l’opinione e il giudizio dei singoli. […]
Ripudiato il dominio di Dio sull’uomo e sul consorzio civile, ne consegue l’abolizione di ogni culto pubblico e la massima incuria per tutto ciò che ha attinenza con la religione. La moltitudine, armata della convinzione di essere sovrana, degenera in sedizioni e tumulti e, tolti i freni del dovere e della coscienza, non resta altro che la forza, la quale, tuttavia, non è così grande da potere da sola contenere le passioni popolari. […]»

Tratto dalla Lettera Enciclica Libertas di Papa Leone XIII. 20 Giugno 1888



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