Pagine

giovedì 5 maggio 2011

Il carattere cosmico della liturgia

«[…] La liturgia non dovrebbe essere celebrata come l’autorappresentazione della comunità – quando si dice che è importante che ognuno vi metta dentro se stesso – e poi alla fine resta importante solo l’“io stesso”. Si tratta invece del fatto che noi entriamo in qualcosa di molto più grande, che in un certo qual modo usciamo da noi stessi per prendere il largo. Per questo è tanto importante che la liturgia non sia in qualche modo una nostra creazione.
La liturgia è in verità un processo attraverso il quale ci si lascia condurre nel grande credere e nel grande pregare della Chiesa. Per questo motivo i primi cristiani pregavano rivolti ad Oriente, verso il sole che sorge come simbolo di Cristo risorto. Mostravano così che tutto il mondo va verso Cristo e che Egli lo abbraccia.
Questo rapporto con il cielo e con la terra è molto importante. Non a caso le prime chiese erano costruite in modo che il sole irradiasse la sua luce nella casa di Dio in un determinato momento. Proprio oggi che riscopriamo il significato degli effetti reciproci tra terra e cosmo, bisognerebbe anche riscoprire il carattere cosmico della liturgia, tanto quanto quello storico. È importante il fatto che questa non sia stata semplicemente inventata da qualcuno e chissà quando, ma si sia invece sviluppata organicamente a partire da Abramo. Elementi del periodo antico sono presenti nella liturgia.
Per quel che riguarda la questione concreta, la liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II è la forma valida in cui la Chiesa celebra la liturgia oggi. Ho voluto rendere più facilmente accessibile la forma antica soprattutto per preservare il profondo ed ininterrotto legame che sussiste nella storia della Chiesa. Non possiamo dire: prima era tutto sbagliato, ora invece è tutto giusto. In una comunità, infatti, nella quale la preghiera e l’Eucaristia sono le cose più importanti, non può considerarsi del tutto errata quella che prima era ritenuta la cosa più sacra. Si è trattato della riconciliazione con il proprio passato, della continuità interna della fede e della preghiera nella Chiesa.»

Benedetto XVI. Tratto da: Luce del mondo. Il papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald. Libreria Editrice Vaticana, 2010. Pag. 152-154.

Nessun commento:

Posta un commento