“Predicate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). È l’estremo comando che ci ha lasciato il Risorto.
Dalla fede scaturisce l’annuncio. Chi crede sul serio non può non darsi da fare perché anche gli altri credano. Chi è stato davvero evangelizzato diviene per forza di cose evangelizzatore. Nessuno osi distoglierci dall’attenere a questo nostro dovere primario. Sarebbe come impedirci di essere quello che siamo; e costituirebbe un grave e intollerabile attentato alla nostra identità di cristiani cattolici.
Gesù ci ha detto: “Andate in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo”. Non ci ha detto: “Andate a dialogare”.
Spero di non essere frainteso. Non ce l’ha detto, non perché il dialogo sia una cosa riprovevole o inutile, al contrario: non ce l’ha detto perché il dialogo con tutti è una cosa tanto ovvia e inevitabile da poter essere tranquillamente sottintesa.
Ma ho scelto positivamente di sottintenderla perché l’impegno dell’annuncio, espresso in modo esplicito, risaltasse nella sua primarietà senza possibili malintesi o confusioni.
Gesù ci ha detto: “Predicate il Vangelo a ogni creatura”. Non ci ha detto: “Predicate il Vangelo a ogni creatura tranne gli ebrei, i musulmani e il Dalai Lama”.
Nessun timore di esser accusati di proselitismo può raggelare il nostro slancio apostolico. Il proselitismo consiste nel non rispettare la libera autonomia delle persone, costringendole con la violenza o l’astuzia o le pressioni psicologiche; e noi fermamente lo riproviamo.
Noi dobbiamo e vogliamo contare soltanto sul fascino naturale che la verità di Cristo possiede quando è presentata con intelligenza e integralmente, ed è testimoniata dalla carità. Ma soprattutto contiamo sulla grazia illuminante dello Spirito Santo, che è capace di vincere ogni “sclerocardia”.
(Card. Biffi - 26 aprile 2003. Rimini, convocazione dei gruppi del Rinnovamento nello Spirito Santo)
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