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lunedì 1 settembre 2014
Ciò che è umano
Purtroppo, però, questo nostro mondo contemporaneo mostra molteplici ed acuti segni di quella che bene è stata definita la sua “ambivalenza”: segni di progresso magnifico, senza precedenti, in ogni settore delle scienze e delle attività umane; ma pure segni di “involuzione”, di progresso ingannevole, perché relativo a valori ed obiettivi fallaci, che come tali si rivelano alla lunga disumani e disumanizzanti l’umanità.
Quello che più preoccupa, però, è che, nella crescente e per sé benefica diffusione della cultura, nella cosiddetta “cultura di massa”, propugnata appunto dai mass-media, si fa sempre più un unico fascio di verità provate e di opinioni discutibili, di valori universali e di interessi particolari egoisticamente individualistici, di autentici principi deontologici e di fatti persino patologici. E tutto ciò sotto l’etichetta del “moderno” (anche se si tratta di errori e mali antichissimi), dietro il paravento del dovere-diritto all’informazione, e nel nome di un non bene inteso “pluralismo” che sarebbe proprio della cultura.
Molto saggiamente i fondatori del vostro Periodico hanno preferito a questo termine, già allora di moda in molti Paesi, il termine classico di “civiltà”. Anche la migliore antropologia culturale distingue tra “culture”, che possono essere “barbare”, e “civiltà”, che possono essere “primitive”, ma non barbare.
Barbaro in realtà è ciò che è disumano, anche se “evoluto”; civile ciò che è umano, anche se semplice e primitivo. Vi sono “pseudoculture”, denunciate dalla “maior saniorque pars” degli intellettuali; non vi sono al contrario “pseudociviltà”, ma solo “involuzioni” e “declini” di civiltà particolari, registrate dalla storia.
(San Giovanni Paolo II – Discorso al Collegio degli scrittori de “La Civiltà Cattolica” del 5 aprile 1982, par. 3)
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Paolo Mitri
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