mercoledì 30 aprile 2014

La realtà è diversa



È giusto donare la vita in questo mondo senza che il soggetto abbia avuto la possibilità di decidere? Senza avere avuto il suo consenso: vuoi vivere oppure no?

«Alla fine rimane la questione – solo una parolina – del Battesimo dei bambini.
È giusto farlo, o sarebbe più necessario fare prima il cammino catecumenale per arrivare ad un Battesimo veramente realizzato?
E l’altra questione che si pone sempre è: “Ma possiamo noi imporre ad un bambino quale religione vuole vivere o no? Non dobbiamo lasciare a quel bambino la scelta?”.

Queste domande mostrano che non vediamo più nella fede cristiana la vita nuova, la vera vita, ma vediamo una scelta tra altre, anche un peso che non si dovrebbe imporre senza aver avuto l’assenso del soggetto.

La realtà è diversa. La vita stessa ci viene data senza che noi possiamo scegliere se vogliamo vivere o no. A nessuno può essere chiesto: “vuoi essere nato o no?”. La vita stessa ci viene data necessariamente senza consenso previo, ci viene donata così e non possiamo decidere prima “sì o no, voglio vivere o no”.

E, in realtà, la vera domanda è: “È giusto donare vita in questo mondo senza avere avuto il consenso: vuoi vivere o no? Si può realmente anticipare la vita, dare la vita senza che il soggetto abbia avuto la possibilità di decidere?”.

Io direi: è possibile ed è giusto soltanto se, con la vita, possiamo dare anche la garanzia che la vita, con tutti i problemi del mondo, sia buona, che sia bene vivere, che ci sia una garanzia che questa vita sia buona, sia protetta da Dio e che sia un vero dono.

Solo l’anticipazione del senso giustifica l’anticipazione della vita. E perciò il Battesimo come garanzia del bene di Dio, come anticipazione del senso, del “sì” di Dio che protegge questa vita, giustifica anche l’anticipazione della vita.

Quindi, il Battesimo dei bambini non è contro la libertà.

È proprio necessario dare questo, per giustificare anche il dono – altrimenti discutibile – della vita. Solo la vita che è nelle mani di Dio, nelle mani di Cristo, immersa nel nome del Dio trinitario, è certamente un bene che si può dare senza scrupoli.

E così siamo grati a Dio che ci ha donato questo dono, che ci ha donato se stesso. E la nostra sfida è vivere questo dono, vivere realmente, in un cammino post-battesimale, sia le rinunce che il “sì”, e vivere sempre nel grande “sì” di Dio, e così vivere bene.»


(Benedetto XVI - “Lectio divina” tenuta nella Basilica di San Giovanni in Laterano l'11 giugno 2012 ad apertura del Convegno della Diocesi di Roma dedicato al Battesimo e alla sua pastorale).

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giovedì 24 aprile 2014

Anche mio figlio




Un ebreo dice ad un amico: “Ti ricordi di mio figlio? Tu sai che l'ho sempre educato nel rispetto della religione ebraica. Beh, è successa una cosa molto molto strana: l'ho mandato in Israele perché potesse crescere da vero ebreo, e lui... è tornato cristiano!”.

“È strano davvero. Anch'io ho educato mio figlio nel rispetto dei precetti dell'ebraismo, ma quando l'ho mandato in Israele... è tornato cristiano anche lui!”.

“Questo è molto molto strano, dobbiamo assolutamente parlarne al rabbino.

“Rav, i nostri figli che abbiamo educato da veri ebrei sono andati in Israele e... sono tornati a casa cristiani!”.

“Questo è molto molto strano, perché non ci crederete: anche mio figlio, è andato in Israele in una yeshivà, e, malgrado sia stato allevato da vero ebreo, mi è tornato a casa cristiano!”.

“Rav, e allora? Cosa possiamo fare?”.

E il rabbino: “Preghiamo, chiediamo a Dio: Signore di Israele, Dio di Isacco e di Giacobbe, ascoltaci, vogliamo chiederti un consiglio: i nostri figli, tutti degli ottimi ebrei, sono andati in Israele e sono tornati a casa cristiani, che possiamo fare?”.

E Dio: “Questo è molto molto strano, perché anche mio figlio...”.

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giovedì 17 aprile 2014

Del buon uso delle tentazioni


Come il buon soldato non ha paura di combattere, così il buon cristiano non deve aver paura della tentazione. Tutti i soldati sono bravi quando sono all’interno della loro guarnigione: è sul campo di battaglia che si nota la differenza tra i coraggiosi e i vili.
 

La più grande delle tentazioni è di non averne alcuna. Si potrebbe arrivare a dire che bisogna essere contenti di avere delle tentazioni: è il momento del raccolto spirituale, durante il quale facciamo provviste per il cielo. È come nel tempo della mietitura: ci si leva di buon mattino, ci si dà un gran daffare, ma non ci si lamenta, perché si raccoglie molto.
 

Il demonio tenta solamente le anime che vogliono uscire da una situazione di peccato e quelle che sono in stato di grazia. Le altre gli appartengono già: non ha alcun bisogno di tentarle.
 

Se fossimo profondamente compresi della santa presenza di Dio, sarebbe molto facile per noi resistere al nemico. Sarebbe sufficiente il pensiero “Dio ti vede!” per non peccare mai.
 

C’era una santa che, dopo esser stata tentata, si lamentava con il Signore dicendogli: «Dov’eri dunque, amatissimo Gesù, durante quella tremenda tempesta?». E il Signore: «Ero al centro del tuo cuore e mi rallegravo di vederti combattere».
 

Un cristiano deve essere sempre pronto alla lotta. Come in tempo di guerra ci sono sempre le sentinelle appostate per vedere se il nemico si avvicina, così anche noi dobbiamo stare sempre in guardia per controllare che il nemico non ci tenda delle trappole e non ci sorprenda…

Tratto da: Curato d’Ars, Pensieri scelti e fioretti, ed. San Paolo

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venerdì 11 aprile 2014

Collera e ragione



Soltanto colui che si arrabbia senza motivo è colpevole;
chi si adira per un motivo giusto non incorre in nessuna colpa.
Poiché, se mancasse la collera, non progredirebbe la conoscenza di Dio,
i giudizi non avrebbero consistenza ed i crimini non sarebbero repressi.

Ed ancor più: chi non si incollerisce quando lo esige la ragione,
commette un peccato grave,
poiché la pazienza non regolata dalla ragione
propaga i vizi,
favorisce le negligenze
e porta al male,
non soltanto i cattivi ma,
soprattutto, i buoni.

(San Giovanni Crisostomo - Hom. XI in nath, 344-407)


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venerdì 4 aprile 2014

Mi’ padre me diceva



Mi’ padre me diceva: fa’ attenzione
a chi chiacchiera troppo; a chi promette
a chi dopo èsse entrato, fa: “permette?”;
a chi aribbarta spesso l’opinione
e a quello, co’ la testa da cojone,
che nu’ la cambia mai; a chi scommette;
a chi le mano nu’ le strigne strette;
a quello che pìa ar volo ogni occasione
pe’ di’ de sì e offrisse come amico;
a chi te dice sempre “so’ d’accordo”;
a chi s’atteggia come er più ber fico;
a chi parla e se move sottotraccia;
ma soprattutto a quello – er più balordo –
che, quanno parla, nun te guarda in faccia.


Di Aldo Fabrizi

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