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venerdì 8 maggio 2015

Solo nella verità la carità risplende


«Occorre rifuggire da richiami pseudopastorali che situano le questioni su un piano meramente orizzontale, in cui ciò che conta è soddisfare le richieste soggettive per giungere ad ogni costo alla dichiarazione di nullità, al fine di poter superare, tra l’altro, gli ostacoli alla ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Il bene altissimo della riammissione alla Comunione eucaristica dopo la riconciliazione sacramentale, esige invece di considerare l’autentico bene delle persone, inscindibile dalla verità della loro situazione canonica. Sarebbe un bene fittizio, e una grave mancanza di giustizia e di amore, spianare loro comunque la strada verso la ricezione dei sacramenti, con il pericolo di farli vivere in contrasto oggettivo con la verità della propria condizione personale (...)

Vorrei oggi sottolineare come sia la giustizia, sia la carità, postulino l’amore alla verità e comportino essenzialmente la ricerca del vero. In particolare, la carità rende il riferimento alla verità ancora più esigente. “Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità. Questa, infatti, ‘si compiace della verità’ (1 Cor 13, 6)” (Enc. Caritas in veritate, n. 1). “Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta […]. Senza verità la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario”».


Benedetto XVI – Gennaio 2010 alla Sacra Rota

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