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lunedì 28 marzo 2016
Il vertice della potenza
Dio onnipotente. Ma vero è che ci sentiamo un po' quasi minacciati dall'onnipotenza: sembra limitare la nostra libertà, sembra un peso troppo forte.
Ma dobbiamo imparare che l'onnipotenza di Dio non è un potere arbitrario, perché Dio è il Bene, è la Verità, e perciò Dio può tutto, ma non può agire contro il bene, non può agire contro la verità, non può agire contro l'amore e contro la libertà, perché Egli stesso è il bene, è l'amore, e la vera libertà. E perciò tutto quanto egli fa non può mai essere in contrasto con verità, amore e libertà. È vero il contrario. Egli, Dio, è il custode della nostra libertà, dell'amore della verità.
Questo occhio che ci vede non è un occhio cattivo che ci sorveglia, ma è la presenza di un amore che non ci abbandona mai e ci dona la certezza che il bene è essere, il bene è vivere: è l'occhio dell'amore che ci dà l'aria per vivere.
Dio onnipotente e misericordioso. Un'orazione romana, collegata con il testo del libro della Sapienza, dice: «Tu, Dio, mostri la tua onnipotenza nel perdono e nella misericordia». Il vertice della potenza di Dio è la misericordia, è il perdono.
Nel nostro odierno concetto mondiale di potere, pensiamo a uno che ha grandi proprietà, che in economia ha qualcosa da dire, dispone di capitali, per influire nel mondo del mercato. Pensiamo a uno che dispone del potere militare, che può minacciare. La domanda di Stalin: «Quante divisioni ha il Papa?» ancora caratterizza l'idea media del potere. Ha potere chi può essere pericoloso, chi può minacciare, chi può distruggere, chi ha in mano tante cose del mondo.
Ma la Rivelazione ci dice: «Non è così»; il vero potere è il potere di grazia, e di misericordia. Nella misericordia, Dio dimostra il vero potere.
Benedetto XVI. Celebrazione dei vespri nella Cattedrale di Aosta, 24 luglio 2009.
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lunedì 21 marzo 2016
Un pezzo di legno
Un uomo teneva appeso in salotto, nel posto d'onore, uno strano oggetto.
Quando qualcuno gli chiedeva il perché di quella stranezza raccontava:
«Il nonno, una volta mi accompagnò al parco. Era un gelido pomeriggio d'inverno.
Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso. Il suo cuore era malato, già molto malandato.
Volli andare verso lo stagno. Era tutto ghiacciato, compatto!
Dovrebbe essere magnifico poter pattinare, urlai, vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!
Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: Stai attento...
Troppo tardi. Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro.
Tremando, in affanno, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me.
Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino a estrarmi dal crepaccio di ghiaccio.
Fece uno sforzo enorme ma lo fece senza pensarci su due volte, salvandomi la vita.
Io piangevo e tremavo.
Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante.
Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte.
Il nostro dolore fu enorme.
Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e recuperai il pezzo di legno.
Era con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua!
Ora, fin tanto che vivrò, quel legno starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!».
Per questo motivo i cristiani tengono nelle loro case un pezzo di legno a forma di croce…
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martedì 15 marzo 2016
Pronto da portare
Riflessione trita e ritrita, così, come gli avanzi della cena, a cui si spera di dare un aspetto accettabile magari aggiungendo qualche salsa.
Le persone con più pregiudizi sono quelle che pensano di non avere pregiudizi.
In verità ciascuno di noi fotografa la realtà dal suo personalissimo punto di osservazione e pretendere di non averlo significherebbe fluttuare nell'aria, in una irrealistica immaterialità. E poi anche l'aria, del resto, sarebbe un punto di osservazione diverso dalla terra.
Il nodo non è il pre-giudizio, ma la consapevolezza, semmai, che abbiamo del pre-giudizio, ovvero di un orizzonte di senso che diamo alla realtà, la lente attraverso cui la osserviamo e componiamo il nostro campo visuale.
Perché abbiamo scelto quella e non un'altra?
L'abbiamo veramente scelta?
Ce n'è una più adatta?
La scartiamo per pigrizia?
Queste, credo, siano le domande utili e interessanti a riguardo. Il resto mi sa di libertà di pensiero prêt-à-porter.
giovedì 10 marzo 2016
L'uomo supera la natura
«Il Cristo ha rotto l'incantesimo di una natura chiusa, nella quale l’uomo è prigioniero.
Quel Dio che si è incarnato nel Cristo non è, come nel paganesimo, una personificazione o un elemento della natura, ma è un Dio che trascende la natura.
Nel rapporto con lui, l’uomo è salvo precisamente perché rompe l’incantesimo di una natura che lo tiene prigioniero.
Nel suo rapporto con Cristo ogni uomo è salvo, perché Dio lo ama, e non è inghiottito e digerito dal processo del tempo e della storia: l’uomo supera la natura e supera il tempo».
(Divo Barsotti, Dostoevskij: La passione per Cristo)
giovedì 3 marzo 2016
Suvvia, siate gentile, fate con lui un po’ d’amicizia
Lo spirito del male dice: “Riposati. Che farai nella mischia? Altri combatteranno abbastanza. Tu che sei savio, non iscomodare le tue abitudini. Il male – continua il diavolo – è sempre esistito ed esisterà sempre nelle stesse proporzioni. I pazzi che vogliono combatterlo non guadagnano nulla e perdono il loro riposo. Tu che sei savio, dà ad ogni cosa la sua parte e non dichiarare a niente la guerra. È impossibile illuminare gli uomini. Perché dunque tentarlo? Fa pace con le opinioni che non sono tue. Non sono esse tutte ugualmente legittime?”.
Così parla il demonio; e l’uomo separato dalla verità, perché ha paura di lei, che è l’Atto puro, l’uomo, insensibilmente e a sua insaputa, si unisce all’errore […] discende a poco a poco, durante il suo sonno, in quell’indifferenza glaciale, placida e tollerante, che non s’indigna di niente, perché non ama niente, e che si crede dolce perché è morta.
E il demonio vedendo quest’uomo immobile, gli dice: «Tu gusti il riposo del savio»; vedendolo neutro tra la verità e l’errore, gli dice: «Tu li domini entrambi»; vedendolo inattivo, gli dice: «Tu non fai del male»; vedendolo senza risorsa, senza vita, senza reazione contro la menzogna e il male […], gli dice «Io t’ho ispirato una filosofia savia, una dolce tolleranza, tu hai trovato la calma nella carità», perché il demonio pronunzia spesso le parole di tolleranza e di carità.
L’uomo vivo, l’uomo attivo che ama e che è unito all’unità, afferra il rapporto delle cose, e unisce fra loro le verità. L’uomo morto ha perduto il senso dell’unità. Non unisce più verità fra di loro: non concilia più, per la contemplazione dell’armonia, le cose che devono esser conciliate, le cose vere, buone e belle.
Ma in cambio, compone una parodia satanica dell’unità; cerca di amare insieme il vero e il falso, il bene e il male, il bello e il brutto; non sempre si adira, almeno in apparenza, se si affermano i dogmi, ma preferisce che si neghino.
Non avendo voluto unire ciò che è unito, credere a tutta la verità, conciliare quel che è conciliabile, cerca di unire ciò che è necessariamente ed eternamente contradittorio, di credere insieme alla verità e all’errore, di conciliare il Sì e il No; non avendo voluto amare Dio tutto intiero, cerca di amare Dio e il diavolo: ma è l’ultimo che preferisce.
Che si direbbe d’un medico il quale, per carità, avesse riguardi verso la malattia del suo cliente? Immaginate questo tenero personaggio. Direbbe al malato: Dopo tutto, amico mio, bisogna essere caritatevole. Il cancro che vi corrode è forse in buona fede. Suvvia, siate gentile, fate con lui un po’ d’amicizia; non bisogna essere intrattabili; fate la parte del suo carattere. In questo cancro, esiste forse una bestia; essa si nutre della vostra carne e del vostro sangue, avreste il coraggio di rifiutarle quanto le occorre? La povera bestia morirebbe di fame. Del resto, io sono condotto a credere che il cancro è in buona fede e adempio presso di voi ad una missione di carità.
È il delitto del secolo quello di non odiare il male, e di fargli delle preposizioni. Non vi ha che una proposizione da fargli, è di scomparire. Ogni accomodamento concluso con lui somiglia neppure al suo trionfo parziale, ma al suo trionfo completo, perché il male non sempre domanda di scacciare il bene, domanda il permesso di coabitare con lui. Un istinto segreto lo avverte che domandando qualche cosa, domanda tutto. Appena non è più odiato, si sente adorato.
Hernest Hello (1828-1885). L’Homme (1872)
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