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venerdì 2 dicembre 2016

Per la salvezza del gregge


Dopo la sua venuta in Antiochia fu rimproverato da Paolo, ma la causa del rimprovero non fu perché egli si atteneva alle costumanze giudaiche, cioè del popolo nel quale era nato ed era stato educato, anche se poi non le rispettava quand’era fra i pagani.

Fu rimproverato perché tali costumanze egli voleva imporle ai pagani, a ciò indotto dalla presenza di alcuni, provenienti da Giacomo, cioè dalla Giudea e dalla Chiesa di Gerusalemme, presieduta da Giacomo.

Costoro erano ancora convinti che la salvezza dipendesse dalle pratiche legali, e Pietro, impaurito dalla loro presenza, evitava di frequentare i pagani, mostrando con la sua ambiguità d’essere d’accordo nell’imporre ai pagani i pesi di quell’asservimento legalistico. Ciò appare abbastanza chiaramente dal rimprovero di Paolo. Non dice infatti: Se tu, che sei un giudeo, vivi alla maniera dei pagani, come fai a tornare alle costumanze giudaiche?, ma dice: Come fai a costringere i pagani a vivere da giudei?

L’avergli poi rivolto il rimprovero alla presenza di tutti è perché vi fu costretto dalla necessità. Dal suo rimprovero infatti doveva essere sanata l’intera comunità, e pertanto correggere in segreto un errore palesemente nocivo sarebbe stato del tutto inutile.
Da notarsi inoltre la maturità spirituale e il progresso nella carità raggiunti da Pietro, cui dal Signore era stato detto per tre volte: Mi ami tu? Pasci le mie pecore.

Per la salvezza del gregge egli seppe accettare volentieri un simile rimprovero, anche se a lui rivolto da un pastore di grado inferiore. E in effetti colui che veniva rimproverato desta più stupore e rimane più difficile a imitarsi che non colui che lo rimproverava. In realtà è abbastanza facile scorgere il difetto da correggere nell’altro e intervenire con parole di disapprovazione o di rimprovero perché si corregga.
Correggere l’altro infatti è certamente più facile che non vedere in te stesso cosa tu abbia da correggere, e accettare di buon animo la correzione, anche se fatta da te stesso, peggio poi se te la faccia un altro, per di più inferiore, e te la faccia alla presenza di tutti.

Il comportamento di Pietro ha pertanto valore come grande esempio di umiltà, che è il sommo dell’ascesi cristiana in quanto con l’umiltà si tutela la carità, mentre nulla più della superbia ha potere di demolirla.

Per questo non disse il Signore: «Prendete il mio giogo e imparate da me, poiché io risuscito i morti da quattro giorni e li fo uscire dal sepolcro o perché scaccio dal corpo dell’uomo ogni sorta di demoni e guarisco tutte le malattie», e così di seguito; ma disse: Prendete il mio giogo e imparate da me che sono mite ed umile di cuore.

(Sant’Agostino, Esposizione sulla lettera ai Galati, 15)

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