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mercoledì 25 aprile 2018
Questi era il Cristo
«Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei greci. Questi era il Cristo. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani».
Giuseppe Flavio (37-103 circa), Antichità Giudaiche.
giovedì 19 aprile 2018
L’uomo che incappa nei ladri
L’uomo che incappa nei ladri i quali lo derubano e lo feriscono, lasciandolo mezzo morto, è Adamo e, nella sua persona, il genere umano...
Le ferite sono la figura della disobbedienza dell'uomo;
Gerusalemme, donde viene, è il paradiso;
Gerico, per dove è incamminato, è il mondo.
Gli assassini sono i demoni;
il sacerdote che passa significa la legge impotente a guarire la caduta di Adamo;
il levita figura i profeti incapaci a conferire la grazia;
il Samaritano caritatevole è Gesù Cristo;
l’albergo è la Chiesa...
Il vino che si versa nelle ferite significa il sangue di Gesù Cristo;
l’olio denota la clemenza, la misericordia, la dolcezza di Gesù Cristo...
Il padrone dell'albergo è S. Pietro e i Papi suoi successori;
i denari sono la croce, i sacramenti, le grazie...
(Cornelis Van den Steen)
venerdì 13 aprile 2018
Quest’uomo che non odia
Si crede comunemente (e non c’è nulla di più vero) che il cristiano sia l’uomo della pace. Egli aspira, infatti, a conseguire la pace in sè, a diffonderla, come un’onda di luce, intorno a sè.
Ma è anche l’uomo della guerra: l’uomo che risponde alla guerra con la guerra, perché la pace trionfi.
Nessuno ha più nemici di quest’uomo che non odia; e nessuno contro i propri nemici (che sono i nemici di Cristo) è più armato di lui e si batte con più valore di lui.
Eppure in apparenza è inerme.
Cristo e la Chiesa gli hanno dato un’arma misteriosa, della quale il mondo, che ne è sconfitto, si ride e di cui l’inferno, che sa, trema.
Quest’arma è la Croce; e il cristiano (il Santo) vi si crocifigge, per vincere. La Croce, bassa per Cristo, per me altissima. Ma se voglio salirvi bisogna che mi abbassi ancora. Il sublime paradosso cristiano dice: Discendere per ascendere.
(Domenico Giuliotti)
domenica 8 aprile 2018
Ricordando il “Pastore Idolo”
Il suo arrivo fu preannunciato a Pio XII da Gesù tramite la mistica Maria Valtorta. Si ripropone questa memorabile pagina del beato John H. Newman sulla “religione del mondo” che si stava preparando e che anche i cattolici oggi abbracciano.
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“Il mondo costruì, con l’aiuto dei filosofi del giorno, una contro-religione, in parte simile al cristianesimo, ma in realtà sua acerrima nemica (…).
[Essa] ha scelto del Vangelo il suo lato più sereno: l’annuncio della consolazione, i precetti di reciproco amore. Rimangono così relativamente dimenticati gli aspetti più oscuri e più profondi della condizione e delle prospettive dell’uomo.
È la religione naturale in un’epoca civile, e Satana l’ha accortamente ornata e perfezionata fino a farne un idolo della verità.
Via via che la ragione prospera, via via che il gusto si forma e si raffinano gli affetti e i sentimenti, sarà inevitabile che alla superficie della società si diffonda, del tutto indipendentemente dall’influenza della rivelazione, un costume generale di onestà e di benevolenza.
[Essa] abbandona un intero lato del Vangelo, cioè il suo carattere austero e ritiene basti essere benevoli, cortesi, candidi, corretti nella condotta, delicati, e che non include il vero timor di Dio, nessun vero zelo per il Suo servizio, nessun odio profondo del peccato, non l’adesione fervida alla verità dottrinale, nessuna speciale sensibilità intorno ai singoli mezzi adatti a raggiungere i fini, purché siano buoni i fini, nessuna lealtà di sudditanza alla santa Chiesa apostolica di cui parla il Credo, nessun senso dell’autorità della religione se non all’interno della mente: in una parola, una dottrina che non ha serietà, e perciò non è calda né fredda, ma (secondo la parola della Scrittura) è semplicemente tiepida.
[Così facendo] non abbiamo agito spinti dall’amore della verità, bensì sotto l’influsso dei tempi (…) [gli uomini così] hanno sacrificato la verità ai vantaggi.
[Pensano che] non occorre spaventarci, che Dio è un Dio di misericordia, che basta emendarsi per cancellare le trasgressioni, che il mondo, tutto sommato, è ben disposto verso la religione, che non è bene eccedere nella serietà, che in tema di natura umana non si debbono avere idee ristrette. Ecco dunque il credo degli uomini che non hanno alcun pensiero profondo (…)”.
[Invece] “il timor di Dio è il principio della sapienza, fino a quando non vedrete Dio come un fuoco consumatore, e non vi avvicinerete a Lui con riverenza e con santo timore, per il motivo di essere peccatori, non potrete dire di essere nemmeno in vista della porta stretta. (…).
La vostra conoscenza delle colpe aumenterà con l’aumentare della visione della misericordia di Dio nel Cristo. È questa la vera condizione cristiana e la massima somiglianza alla calma del Cristo e al suo placido sonno durante la tempesta cui sia possibile giungere; non saranno la perfetta gioia e la perfetta certezza che appartengono al cielo, ma una profonda rassegnazione alla volontà di Dio, un abbandono di noi stessi, corpo e anima, a Lui; senza dubbio nella speranza di essere salvi, ma fissando gli occhi più su Lui che su noi stessi, vale a dire, agendo per la Sua gloria, cercando di compiacerlo, dedicandoci a Lui con virile ubbidienza e intensità di buone opere”.
Beato John Henry Newman. Brani tratti dal Sermone del 26 agosto 1832 su «La religione del giorno».
domenica 1 aprile 2018
La storia del regno
Secondo un’antica tradizione asiatica, alla corte imperiale anno per anno si redigeva la storia del regno. A questo compito venivano deputati due alti ministri dell’imperatore. L’uno doveva mettere per iscritto le cose buone che erano accadute nel regno; l’altro doveva stendere una lista di quanto era avvenuto di negativo. Ma nessuno dei due era al corrente di quanto scriveva l’altro.
In un’udienza speciale e pubblica, all’inizio dell’anno nuovo e davanti alla corte imperiale, i due scrittori dovevano leggere il loro bilancio. Tutti attendevano di conoscere la verità dal contrasto tra le due relazioni.
Dopo aver ascoltato i resoconti, l’imperatore rivolgendosi alla corte chiedeva: «Chi di voi ha da dire qualche cosa, la dica».
Fu così che un giorno l’imperatore invitò tutti ad esprimere la loro opinione. Ma nessuno osava parlare. Regnava il più assoluto silenzio.
D’improvviso si udì il gemito ed il pianto di qualcuno. Allora l’imperatore domandò: «Chi piange? Colui che ha pianto venga davanti a me e parli».
Uscì un mandarino, fece una triplice prostrazione davanti all’imperatore e disse con molto rispetto: «Maestà, nessuno di questa corte osa dire la verità. Ho paura che la nostra nazione sia in pericolo e rischi di crollare!».