Pagine
▼
martedì 28 aprile 2020
Un episodio singolare
Quella dei tempi di Alessandro VI, il Borgia, […] si sono appuntati tanti strali moralistici. Invettive giustificate, intendiamoci. Persino il barone Ludwig von Pastor, il grande (e cattolicissimo) storico del papato, alla fine delle pagine dedicate a quel pontefice, allarga le braccia: niente da fare, pur con tutte le attenuanti dei tempi in cui visse, fu davvero un uomo dissoluto, dedito innanzitutto al piacere suo e alla gloria della sua famiglia.
Eppure, è lo stesso von Pastor che dimostra come Alessandro VI razzolasse malissimo ma predicasse assai bene: sul piano religioso il suo pontificato fu impeccabile, fu difesa l’ortodossia, non si dimenticò l’apostolato, si incoraggiarono le iniziative dei santi fondatori. E sono certo che, alla fine, la Vergine intervenne benigna per un papa che ebbe una grande devozione per sant’Anna e che, soprattutto, ripristinò ed estese a tutta la cristianità il suono dell’Angelus.
Ma qui vorrei parlare della singolare benevolenza di Alessandro VI per gli ebrei, che protesse e favorì e dai quali trasse tra l’altro i suoi medici di fiducia.
Quando, nel 1492, i re di Spagna espulsero i loro marranos, il pontefice decise di accoglierne quanti poteva nei suoi stati e in Roma stessa. Ed è qui che si verifica l’episodio singolare: gli ebrei romani si recarono da Alessandro VI scongiurandolo di non aprire le porte ai loro correligionari spagnoli.
Di fronte al rifiuto papale di accettare la loro supplica, gli israeliti fecero ricorso ad un argomento al quale lo sapevano molto sensibile. Gli offrirono, cioè, una grossa somma di denaro, purché non ospitasse quegli ebrei forestieri, di cui loro, i circoncisi romani, diffidavano. La simpatia e la solidarietà di papa Alessandro verso i profughi iberici dovevano essere davvero vive se neppure l’oro funzionò.
Dunque, gli ebrei spagnoli furono accolti e ancor oggi molti israeliti di Roma e dell’Italia Centrale ne discendono. Episodio dimenticato, probabilmente rimosso: ma sul quale occorre riflettere di fronte a tante accuse ancor oggi ripetute contro la Chiesa per un suo presunto “antisemitismo”. Che, invece, almeno in quella occasione, sembrò paradossalmente contrassegnare proprio i “figli di Abramo”. Quelli, almeno, sotto il governo papale.
(Vittorio Messori. Il Timone – Febbraio 2005)
martedì 21 aprile 2020
Noi confessiamo
Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, “non è di questo mondo”, “la cui figura passa”; e che la sua vera crescita non può essere confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini.
Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini.
L’intensa sollecitudine della Chiesa, sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui, unico loro salvatore.
Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del regno eterno.
Paolo VI, Professione di fede del popolo di Dio, 30 giugno 1968
giovedì 16 aprile 2020
I dittatori
Le dittature finiscono, tutte, prima o poi. Possono durare decenni, non secoli.
Spesso il dittatore fa una brutta fine.
Ci sono tanti tipi di tiranni: ci sono quelli che si fanno temere (e tutti sanno riconoscerli), quelli che si fanno amare (e sono pericolosi demagoghi) e quelli che mescolano variamente le due forme fondamentali di cui sopra. Ma tutti hanno una caratteristica in comune: non ammettono critiche e un contraddittorio, soprattutto in pubblico. Alcuni gestiscono la cosa pubblica come fosse privata.
I dittatori hanno fretta, e per durare più a lungo provano sempre a sovvertire l’ordinamento dello Stato precedente, a forzarlo a vantaggio proprio (e del gruppo di cui sono espressione), ma sui tempi lunghi non ce l’hanno mai fatta.
Però, dopo la caduta, lasciano «detriti» e «scorie» pericolose nella società che hanno dominato: come minimo lasciano in molti il ricordo di essere stati dei «dritti», e questi hanno sempre imitatori.
Winkler Leo, Professore di latino e storia in pensione. Sito de “La Stampa”
venerdì 10 aprile 2020
Se fosse stato onesto
Gesù sapeva che anche tra i dodici Apostoli c’era uno che non credeva: Giuda. Anche Giuda avrebbe potuto andarsene, come fecero molti discepoli; anzi, avrebbe forse dovuto andarsene, se fosse stato onesto.
Invece rimase con Gesù. Rimase non per fede, non per amore, ma con il segreto proposito di vendicarsi del Maestro. Perché? Perché Giuda si sentiva tradito da Gesù, e decise che a sua volta lo avrebbe tradito.
Giuda era uno zelota, e voleva un Messia vincente, che guidasse una rivolta contro i Romani. Gesù aveva deluso queste attese.
Il problema è che Giuda non se ne andò, e la sua colpa più grave fu la falsità, che è il marchio del diavolo. Per questo Gesù disse ai Dodici: «Uno di voi è un diavolo!» (Gv 6,70).
Preghiamo la Vergine Maria, che ci aiuti a credere in Gesù, come san Pietro, e ad essere sempre sinceri con Lui e con tutti.
(Papa Benedetto XVI, Angelus Domini, Castel Gandolfo, 26 agosto 2012).
sabato 4 aprile 2020
Il totalitarismo che sta arrivando
Viviamo in una società post-cristiana. Non intendo dire che non ci siano più cristiani, siamo ancora qui. Ma la storia cristiana non è più la narrazione che i Paesi occidentali usano per capire se stessi.
È stata sostituita dal culto di sé, dalla dittatura del relativismo e dalla tirannia di sé.
Questo rende così difficile riconoscere il totalitarismo che sta arrivando, perché sei stato addestrato a pensare che questa sia la libertà, che scegliere ciò che vuoi sia la libertà.
Le persone che sono cristiane sono state formate in un modo più classico di pensare, teologia morale o ragionamento morale. Capiscono che la libertà non è la capacità di fare quello che si vuole.
La maggior parte delle persone nella società è diventata molto fragile.
Sono arrivati a pensare che tutta la vita pubblica sia un’espansione dei diritti.
Quindi, sotto quei regimi di “giustizia sociale”, come li chiamano, e diritti civili, non essere d’accordo con qualcuno significa ferirlo, significa minacciarlo.
E questo rende patologici tutti i disaccordi.
Questo rende la persona che non è d’accordo un criminale.
Rod Dreher - La prossima persecuzione dei cristiani sarà attuata dagli Stati