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giovedì 25 settembre 2014

Vorrei averti a fianco




«Spesso il cuore unisce ciò che grandi distanze separano. E non è davvero il minore sacrificio di una vita errante, pensare, con animo triste e afflitto, all'amico che si ama caramente e da cui si è lontani, mentre intorno a sé si hanno e si devono sopportare nemici, avversari ed importuni.

Fratello mio, vorrei averti a fianco per consolarmi nel mio esilio, ricevere i tuoi santi consigli, avere il tuo prezioso appoggio, gioire nel vedere il tuo caro viso, riconfortarmi con le tue esortazioni. Ma poiché le condizioni di questa vita mortale e la presente situazione non lo permettono, possa l'affetto vero realizzare quel che Dio ha indicato e comandato come sola grande realtà, quando disse: “ecco il mio comandamento che vi amiate gli uni gli altri”. Che ciascuno ami dunque realmente in Dio l'amico che non può avere materialmente vicino.
 

Sant'Agostino ha scritto: coloro che sono uniti dall'amore non sono mai lontani, anche se uno è qui e l'altro là. Anche il Salvatore l'ha dichiarato: vi si riconoscerà come miei discepoli da questo: che vi amerete scambievolmente. Di conseguenza seguiamo le raccomandazioni di San Giacomo che ha detto: la preghiera del giusto salverà il debole; e ancora: pregate gli uni per gli altri per essere salvati. E preghiamo gli uni per gli altri per conquistarci la salvezza eterna, e perché la misericordia di Dio, che ci ha separati sulla terra, ci riunisca nella felicità, nel più alto dei cieli ».

(San Bonifacio – Lettera 104)

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venerdì 19 settembre 2014

Ti voglio bene


Ti voglio bene,
non perché ho imparato a dirti così,
non perché il cuore mi suggerisce
questa parola,
non perché la fede mi fa credere
che sei amore,
nemmeno perché sei morto per me.

Ti voglio bene
perché sei entrato nella mia vita
più dell'aria nei miei polmoni,
più del sangue nelle mie vene.

Sei entrato
dove nessuno poteva entrare,
quando nessuno poteva aiutarmi,
ogniqualvolta nessuno poteva consolarmi.
Ogni giorno ti ho parlato. Ogni ora ti ho guardato e nel tuo volto ho letto la risposta, nelle tue parole la spiegazione, nel tuo amore la soluzione.

Ti voglio bene
perché per tanti anni
hai vissuto con me
ed io
ho vissuto di Te.

Ho bevuto alla tua legge
e non me n'ero accorta.
Me ne sono nutrita,
irrobustita,
mi sono ripresa,
ma ero ignara
come il bimbo che beve dalla mamma
e ancor non sa
chiamarla con quel dolce nome.

Dammi d'esserti grata
- almeno un po' -
nel tempo che mi rimane
di questo amore
che hai versato su me
e m'ha costretta
a dirti:
“ti voglio bene”.


 Chiara Lubich – Roma, 24 aprile 1960, domenica in Albis.

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venerdì 12 settembre 2014

Se ti amo



«Se ti amo, o mio Tesoro, non è per il Cielo che mi hai promesso.

Se temo di offenderti, non è per l’inferno di cui sono minacciato.

Quel che mi attira a te, sei tu, tu solo: è vederti inchiodato sulla croce, col corpo straziato, in agonia di morte.

E il tuo amore si è talmente impadronito del mio cuore che anche se il Paradiso non esistesse, ti amerei lo stesso; se non esistesse l’inferno ti temerei ugualmente.

Tu nulla hai da promettermi, nulla da darmi per provocare il mio amore: quand’anche non sperassi quel che spero, ti amerei come ti amo».

(Santa Teresa d'Avila)

sabato 6 settembre 2014

Due città, due amori



Il genere umano, dopo che “per l'invidia di Lucifero” si ribellò sventuratamente a Dio creatore e largitore de' doni soprannaturali, si divise come in due campi diversi e nemici tra loro; l'uno dei quali combatte senza posa per il trionfo della verità e del bene, l'altro per il trionfo del male e dell'errore.

Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo; e chi vuole appartenervi con sincero affetto e come conviene a salute, deve servire con tutta la mente e con tutto il cuore a Dio e all'Unigenito Figlio di Lui.

Il secondo è il regno di Satana, e sudditi ne sono quanti, seguendo i funesti esempi del loro capo e dei comuni progenitori, ricusano di obbedire all'eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, molte contro Dio.

Questi due regni, simili a due città che con leggi opposte vanno ad opposti fini, con grande acume di mente vide e descrisse Agostino, e risali al principio generatore di entrambi con queste brevi e profonde parole: “Due città nacquero da due amori; la terrena dall'amore di sé fino al disprezzo di Dio, la celeste dall'amore di Dio fino al disprezzo di sé” (De Civit. Dei, lib. XIV, c. 17).

In tutta la lunga serie dei secoli queste due città pugnarono l'una contro l'altra con armi e combattimenti vari, benché non sempre con l'ardore e l'impeto stesso.

Ma ai tempi nostri i partigiani della città malvagia, ispirati e aiutati da quella società, che largamente diffusa e fortemente congegnata prende il nome di Società Massonica, pare che tutti cospirino insieme, e tentino le ultime prove. Imperocché senza più dissimulare i loro disegni, insorgono con estrema audacia contro la sovranità di Dio; lavorano pubblicamente e a viso aperto a rovina della Santa Chiesa, con proponimento di spogliare affatto, se fosse possibile, i popoli cristiani dei benefizi recati al mondo da Gesù Cristo nostro Salvatore.

(Papa Leone XIII, 20 Aprile 1884 – Humanum Genus)

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lunedì 1 settembre 2014

Ciò che è umano



Purtroppo, però, questo nostro mondo contemporaneo mostra molteplici ed acuti segni di quella che bene è stata definita la sua “ambivalenza”: segni di progresso magnifico, senza precedenti, in ogni settore delle scienze e delle attività umane; ma pure segni di “involuzione”, di progresso ingannevole, perché relativo a valori ed obiettivi fallaci, che come tali si rivelano alla lunga disumani e disumanizzanti l’umanità.

Quello che più preoccupa, però, è che, nella crescente e per sé benefica diffusione della cultura, nella cosiddetta “cultura di massa”, propugnata appunto dai mass-media, si fa sempre più un unico fascio di verità provate e di opinioni discutibili, di valori universali e di interessi particolari egoisticamente individualistici, di autentici principi deontologici e di fatti persino patologici. E tutto ciò sotto l’etichetta del “moderno” (anche se si tratta di errori e mali antichissimi), dietro il paravento del dovere-diritto all’informazione, e nel nome di un non bene inteso “pluralismo” che sarebbe proprio della cultura.

Molto saggiamente i fondatori del vostro Periodico hanno preferito a questo termine, già allora di moda in molti Paesi, il termine classico di “civiltà”. Anche la migliore antropologia culturale distingue tra “culture”, che possono essere “barbare”, e “civiltà”, che possono essere “primitive”, ma non barbare.

Barbaro in realtà è ciò che è disumano, anche se “evoluto”; civile ciò che è umano, anche se semplice e primitivo. Vi sono “pseudoculture”, denunciate dalla “maior saniorque pars” degli intellettuali; non vi sono al contrario “pseudociviltà”, ma solo “involuzioni” e “declini” di civiltà particolari, registrate dalla storia.


(San Giovanni Paolo II – Discorso al Collegio degli scrittori de “La Civiltà Cattolica” del 5 aprile 1982, par. 3)

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