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martedì 13 marzo 2018

Lapides clamabunt


Questo obelisco, ornamento del circo di Nerone, da secoli languiva, muto. Uno dei nostri Papi ne ebbe pietà e gli disse: Io ti darò un nobile posto in Roma. Tu hai visto la crocifissione di Pietro, tu sei un testimone, tu parlerai. Tu confesserai il Cristo. Egli lo sollevò con la sua mano che tutto risanava, che ricostruiva Roma, che avrebbe ricostruito il mondo. Era il nostro Sisto V, un frate, uno di quelli che non sono niente sulla terra. 

Egli alzò dunque l'obelisco e lo piantò qui non già nudo e insignificante come una curiosità. Gli fece portare la croce e l’arricchì di un pezzettino di quel legno a cui fu sospeso il Redentore. Egli volle che quella croce, la cui ombra convertì il ladro e il cui contatto risuscitò i morti, coprisse con quella stessa ombra quelli che sarebbero passati ai piedi dell’obelisco e portasse loro il perdono. Così un monumento pagano divenne un araldo del Vangelo, un servitore del Dio vivente.

Lapides clamabunt. Alla pietra pagana Sisto diede una voce degna dì Roma e del Vangelo. L'obelisco aveva celebrato come dèi Augusto e Tiberio. Ascoltatelo ora: Ecco la Croce del Signore. Dileguatevi forze avverse. Ha vinto il Leone di Giuda. Cristo regna, Cristo comanda, Cristo difenda il suo popolo da ogni male.

Così parla, così prega questa pietra, così alza la sua voce in mezzo al popolo di Dio. O pietra fortunata, spesso passando per la tua ombra, ho sentito la potenza della croce; spesso ho pensato che tu mi facevi provare quel che tu stessa hai provato, quando l’ombra di Gesù toccando la terra d’esilio, fece crollare gli idoli e fremere le rocce. 

(L. Veuillot, Il profumo di Roma, 1861)

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