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mercoledì 4 marzo 2015

La smania di vendetta



Perché anche l’ira tra i vizi capitali? E perché, invece, Giuseppe Giusti, tra il serio e il faceto, l’avrebbe messa, – se ben ricordo –, niente meno che «tra i sacramenti»? Un po’ d’ordine non nuoce.

La lista dei vizi capitali ha un perché.

Per Platone, – Fedro, Repubblica, Timeo specialmente –, l’anima umana ha tre aspetti: quello razionale che dovrebbe regolare tutto, come l’auriga guida i cavalli.

Nell’anima i «cavalli» sono due: c’è una parte oscura, la brama, con parola più tecnica «concupiscenza» (epithymía) nell’ambito degli «appetiti»; c’è la parte chiara, nel campo delle «repulsioni», lo «sdegno» (thymós) o irascibilità.

Se vi s’installa un’abitudine cattiva, cattiva per il cattivo uso, ossia l’abuso, l’eccesso dello sdegno, quel vizio non è più l’«irascibilità» in sé, in latino ira, ma l’iracondia, ossia la smania di vendetta col far del male, la «libidine di vendicarsi», nel senso comune della parola (Agostino).


Di Carlo Nardi. Arrabbiarsi «a vanvera»: questo è il vero peccato. 8 marzo 2006 toscanaoggi.it

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