giovedì 26 dicembre 2019

Un Dio lontano è sempre più comodo di un Dio vicino


Spero, caro Farfarello, che tu non ti sia lasciato sfuggire l’occasione, durante queste ultime feste natalizie, di ammirare qualcuno dei presepi che in molte case ancora si usa allestire per la gioia dei bambini e dei vecchi. Ce n’è di tutti i tipi, dal legno alla cartapesta, dal cristallo al bronzo, dalla terracotta al plexiglas…
Io amo i presepi. Dirai che sono un vecchio sentimentale… Ebbene, di’ pure, se vuoi. 

Prima però, senti quello che ho da dirti in proposito. Da secoli ormai un’idea mi frulla per il capo alla sola vista di un presepe, e te la voglio confidare in segno di stima. Ebbene, io credo che la grande quantità di energia che noi diavoli abbiamo sempre profuso per inventare argomentazioni seducenti contro Dio sia, in gran parte fatica sprecata. Noi non dobbiamo creare nuovi argomenti: possiamo usare pari pari i loro. È il cuore che decide, e spesso decide male.

Pensa alle figure minori del presepe: c’è un solo Giuseppe, una sola Maria, un solo Gesù bambino. Un solo bue, un solo asino. Gli altri sono tutte comparse, compresi i Magi. Ogni uomo al mondo è una figura minore del presepe… Seguimi bene. Dopo aver reso omaggio al Messia, che fanno tutte queste comparse? Se ne tornano, semplicemente, al loro lavoro. Il carrettiere al suo carretto, il panettiere al suo pane, e così via. C’è qualcosa, in tutto ciò, che mi manda in confusione, che mi stordisce e mi umilia: ciascuno torna lieto al suo mestiere, anzi: se prima il lavoro gli pesava, ora gli pesa molto meno, perché ha visto il Messia.

Che ira! Tutto diviene accettabile, amabile… Ma poi, passata l’ira, ecco l’idea! La grande idea! Quella che è la più grande dimostrazione dell’esistenza di Dio, la quotidianità, eccola trasformata, senza che apparentemente nulla cambi, nella più grande delle bestemmie! Che cos’è mai il tuo Dio? Un’emozione momentanea prima di riprendere il solito tran tran. Un bambinello che ti salva finché resti in estatica contemplazione, ma poi? Immaginiamo quei poveri pastori al momento del congedo. Un inchino, un altro inchino, mettiamoci pure un terzo inchino. Ma poi le spalle dovranno pur voltare, e tornarsene alle loro pecore, non è vero? E allora noi diavoli pronti, in coro, a soffiar nelle loro orecchie: dalle obiezioni più collaudate (“come può Dio, nella sua bontà, permettere il dolore innocente?”) alle migliori invenzioni della modernità (l’uguaglianza di tutti gli uomini davanti a Dio si trasforma nell’egalité giacobina, che è il suo opposto), e via dicendo.

Tutte le obiezioni contro Dio nascono dall’idea di un Dio lontano, che non vuole salvare concretamente gli uomini. Ma questa idea nasce, a sua volta, dalla comodità: un Dio lontano è sempre più comodo di un Dio vicino. È questa, Farfarello, la nostra carta vincente. Da sempre.
Un abbraccio dal tuo Malacoda.

Tratto da C. S. Lewis, Lettere di Berlicche, 1942

giovedì 19 dicembre 2019

Quando sarai risalito dal mare


Colui che è stato preso dai pescatori di Gesù ed è risalito dal mare, muore sì anche lui ma muore al mondo, muore al peccato e dopo esser morto al mondo e al peccato è vivificato dalla Parola di Dio e riceve un’altra vita. 

Sei risalito dal mare cadendo nelle reti dei discepoli di Gesù; uscendo cambi d’anima, non sei più un pesce che vive nei flutti salmastri del mare, ma subito la tua anima si trasforma e si trasfigura e diventa qualcosa di meglio e di più divino di ciò che era prima. 

Quando dunque tu sarai risalito dal mare e sarai stato preso dentro le reti dei discepoli di Gesù, trasfòrmati allontanandoti dal mare, dimenticalo…

Origene

venerdì 13 dicembre 2019

Gerusalemme ha mura e porte


«Il muro da una parte indica verso l’interno, ha la funzione di proteggere, raccoglierci e condurci l’uno verso l’altro. Il suo senso è quello di riportarci insieme dalle distrazioni nelle quali viviamo all’esterno, dall’opporci l’uno all’altro nel quale spesso ci perdiamo, di donarci la convivenza, di guidarci alla responsabilità dell’uno per l’altro, ma anche di darci il dono e la consolazione della condivisione della fede, dell’essere insieme nel dramma della vita umana.
Per questo i Padri della Chiesa hanno affermato che i muri in ultima analisi siamo noi stessi e lo possiamo essere solamente nella misura in cui siamo pronti a lasciarci squadrare come pietre e a lasciarci connettere l’un l’altro e proprio così, lasciandoci squadrare e facendoci disporre uno accanto all’altro, usciamo da quanto è meramente privato.

Divenendo mura possiamo anche ricevere il dono di essere edificio, di essere sostenuti come noi a nostra volta sosteniamo altri. Il muro guarda verso l’interno, è qualcosa di positivo, che raduna, protegge, unisce.
Ha, però, anche l’altra faccia con la quale guarda verso l’esterno, traccia un confine che tiene lontano quanto non appartiene all’interno.
Quando nel punto culminante del Vaticano II questo pensiero divenne sempre più estraneo e, nell’ottimismo delle nuove aperture, si diffuse la convinzione che non vi erano affatto dei confini, anzi che non ve ne potevano essere, il vescovo evangelico Wilhelm Stählin tenne una conferenza sul tema: “Gerusalemme ha mura e porte”, che fece scalpore.
Ci ricordò che anche la città santa del tempo finale, quale viene delineata nell’Apocalisse di san Giovanni, ha sì delle porte che sono sempre aperte, ma ha nondimeno anche delle mura.

Ci ricordò, dunque, che esiste anche qualcosa che non può entrare, non ha diritto di entrare perché non vengano distrutte la pace e la libertà di questa città.
Giovanni accenna a quella realtà contro la quale stanno le mura con le parole misteriose: «Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna!» (Ap. 22,15). […]
Contro queste realtà si ergono i muri della Chiesa per edificare la città della pace, della libertà e dell’unità.
Questo ci riporta nuovamente ai Padri della Chiesa e al rito della consacrazione della Chiesa in cui la parete viene considerata come la presenza dei dodici apostoli.
I santi sono le mura che ci circondano. Sono loro che ci rendono impermeabili dallo spirito del male, dalla bugia, dall’indisciplina, dalla mancanza di verità e dall’odio.
Nello stesso tempo sono forza di invito, permeabili a tutto ciò che è buono, grande e nobile. I santi sono mura e porta nello stesso tempo. E, in tutta sobrietà, noi stessi dobbiamo essere questi santi, cioè degli uomini che sono l’uno per l’altro delle mura, che tengono lontano ciò che è contrario all’umanità e al Signore, mentre sono spalancati per tutto ciò che è ricerca, domanda e speranza in noi.
Così il segno del muro viene a formare un’unità con quello della porta.»

Joseph Ratzinger, I Sacramenti. Segni di Dio nel mondo, Cantagalli, Siena 2019, pp. 12-14

domenica 8 dicembre 2019

Una teologia senza pudore


Quale messaggio di salvezza può annunziare al mondo una teologia la quale, sotto il pretesto razionalistico della demitizzazione, svuota della loro realtà storica gli eventi di salvezza, lascia in ombra – qualcuno li nega o li omette completamente – i misteri e dogmi fondamentali del cristianesimo per applicarsi unicamente alle strutture socio-politico-economiche dell’uomo, rifiutando il sacro del mistero della caduta e della redenzione dell’uomo?

Quale principio di rinnovamento può essere una teologia che secolarizza senza scrupoli la morale e, quasi vergognosa dell’ideale di purezza e povertà cristiane del Vangelo, irrompe anch’essa per un’esistenza all’insegna del piacere, del rifiuto del sacrificio, e per la celebrazione aperta del sesso: brevemente, per allinearsi alla lotta di classe a braccetto con il marxismo, per proclamare l’innocenza liberatrice degli istinti con la brutalità della psicanalisi più avanzata?

Che cosa deve o può fare il mondo di una teologia senza pudore, che disarma di fronte al male? che cosa può significare per la società consumistica, che sprofonda nella noia e nella ribellione dell’atto gratuito, una simile teologia che per salvare il mondo si abbevera al veleno che intossica il mondo?

Non è questa una teologia del disprezzo di Dio, dell’uomo e del mondo? una teologia senza amore e senza pudore […]?

(Cornelio Fabro, L’avventura della teologia progressista, Milano 1974, Introduzione).

domenica 1 dicembre 2019

Giudizio solenne contro Formoso


Fu bandito un giudizio solenne contro Formoso: il morto fu citato a comparire in persona innanzi al tribunale di un Sinodo.
Era il Febbraio od il Marzo dell’anno 897, in quello che anche Lamberto imperatore era venuto con sua madre a Roma, dove già comandava da padrone. I Cardinali, i Vescovi e molti altri dignitari del clero si congregarono in sinedrio.
Il cadavere del Papa, strappato alla tomba in cui riposava da otto mesi, fu vestito dei paludamenti pontici, e deposto sopra un trono nella sala del Concilio. L’avvocato di papa Stefano si alzò, si volse verso quella mummia orribile al cui fianco sedeva un Diacono tremante che doveva fargli da difensore, propose le accuse; e il Papa vivente con furore insano chiese al morto:
«Perché, uomo ambizioso, hai tu usurpato la cattedra apostolica di Roma, tu che eri già vescovo di Porto?».

lunedì 25 novembre 2019

Riparatela tu la tua casa


«Va’ e ripara la mia casa» (F.F. 1411)

«Noi non vogliamo una “casa”; cadano pure i calcinacci e crollino dietro ad essi le chiese! che brucino pure! la nostra casa è il Pianeta; noi vogliamo per tetto solo il cielo e per dimora nient’altro che la nostra coscienza».
«Noi non vogliamo un Padre, perché non vogliamo essere protetti; perché ci rende diseguali; perché ci basta essere solo fratelli e perché ci serve – per vivere – la rabbia degli orfani».

«Noi non vogliamo una Madre; la nostra madre è la Terra, sempre gravida di quel futuro che il nostro unico messia; ad essa apparteniamo, ad essa sola ci prostriamo; per essa sola, per la sua benevolenza e per i suoi doni; per colmare la sua ira o il suo dolore, il sangue deve essere versato».

«Noi non vogliamo un Salvatore, non ne abbiamo bisogno e – semmai l'avessimo – noi bramiamo di poter tornare a salvarci da soli; noi rivogliamo il sacrificio, vogliamo poter tornare a controllare gli avvenimenti, poter dar loro il significato che ci aggrada e che ci serve».
«Riparatela tu da solo, dunque, la tua casa, perché non è più la nostra».

Billy Eliot

lunedì 18 novembre 2019

Per la prima volta nella storia


Per la prima volta nella storia la Chiesa si trova di fronte a un Cesare, a un tipo di Stato e di società, che si riveste, come essa e contro di lei, di attributi religiosi e che oppone alla religione dell’Uomo-Dio la religione del dio-uomo. (…)

La diagnosi dell’enciclica Pascendi relativa al modernismo vale a più forte ragione per l’odierno progressismo, che accentua codesta fellonia e non mira più soltanto a riconciliare la Chiesa col mondo dato in preda all’eresia, ma a far cadere interamente la Chiesa in tale mondo e a consolidare definitivamente la vittoria all’eresia.

(Marcel De Corte, La grande eresia)

mercoledì 13 novembre 2019

Una domanda sbarazzina


Una volta predicavo gli esercizi a dei vescovi e tra di essi c’era un cardinale. Tra una meditazione e l’altra, si andava a passeggio ed egli mi parlava della situazione del suo presbiterio, dei tanti problemi che gli creavano i suoi preti.
A un certo momento io dissi: «Eminenza, io posso ascoltarla e dirle qualche cosa, ma senta, permette una domanda sbarazzina?».
E lui mi guardò e disse: «Fammela».

«Io ho l’impressione che nella Chiesa oggi comandi molto la massoneria. La spiritualità della Chiesa mi sembra quella dell’illuminismo francese: vi domina la dea ragione subito seguita dalle divinità del potere e della promozione umana».

Impiegò parecchio a rispondermi. Io stavo lì, fermo, aspettando.
Alla fine mi disse: «Ho anch’io la stessa impressione».
Questa impressione la conservo ancora, debbo dirlo…

(Divo Barsotti 1914-2006, I cristiani vogliano essere cristiani, Edizioni San Paolo, pag. 252)

giovedì 7 novembre 2019

La terza tentazione


Si è sviluppata in estesi circoli della teologia, in modo particolare in ambito cattolico, una reinterpretazione secolaristica del concetto di «regno», che dà il via a una nuova visione del cristianesimo, delle religioni e della storia in generale e con questa profonda trasformazione vuole rendere il presunto messaggio di Cristo nuovamente accettabile.
Si asserisce che prima del Concilio avrebbe dominato l’ecclesiocentrismo: la Chiesa sarebbe stata proposta come centro del cristianesimo. 

Poi si sarebbe passati al cristocentrismo, presentando Cristo come il centro di tutto. 
Ma – si dice – non solo la Chiesa separa, anche Cristo appartiene solo ai cristiani. 
Pertanto dal cristo-centrismo si sarebbe saliti al teocentrismo, e ci si sarebbe in questo modo avvicinati già di più alla comunità delle religioni. 
Con ciò, però, non sarebbe ancora raggiunta la meta, perché anche Dio può essere un elemento di divisione tra le religioni e tra gli uomini.
Per questo bisognerebbe ora fare il passo verso il regnocentrismo, verso la centralità del regno. 
Questo, appunto, sarebbe stato in definitiva il cuore del messaggio di Gesù e ciò costituirebbe la via giusta per unire finalmente le forze positive dell’umanità nel cammino verso il futuro del mondo. 
«Regno» significherebbe semplicemente un mondo in cui regnano la pace, la giustizia e la salvaguardia della creazione. 
Non si tratterebbe di nient’altro. 
Questo «regno» dovrebbe essere realizzato come approdo della storia. 
E questo sarebbe il vero compito delle religioni: lavorare insieme per la venuta del «regno»… 

Per il resto, esse potrebbero ben mantenere le loro tradizioni, vivere ognuna la propria identità, ma pur conservando le loro diverse identità, dovrebbero collaborare per un mondo in cui siano decisivi la pace, la giustizia e il rispetto della creazione.
Ciò suona bene: seguendo questa strada sembra possibile che il messaggio di Cristo venga finalmente fatto proprio da tutti senza dover evangelizzare le altre religioni; ora la sua parola sembra aver assunto finalmente un contenuto pratico, la realizzazione del «regno» sembra diventare così il compito comune, e in tal modo sembra avvicinarsi. 

Osservando però con maggiore attenzione, si resta perplessi: chi ci dice infatti che cos’è la giustizia? 
Che cosa nella concretezza si pone a servizio della giustizia? 
Come si costruisce la pace? 
A un’osservazione più attenta l’intero ragionamento si rivela un insieme di chiacchiere utopistiche prive di contenuto reale, a meno che sotto sotto vengano presupposte, come contenuto di questi concetti che tutti devono accogliere, dottrine di partito.
Un punto emerge su tutto: Dio è sparito, chi agisce è ormai solo l’uomo. 
Il rispetto delle «tradizioni» religiose è solo apparente. 
Esse, in realtà, vengono considerate come un ammasso di abitudini che bisogna lasciare alla gente, anche se in fondo non contano assolutamente nulla. 
La fede, le religioni vengono usate a fini politici. 
Conta solo organizzare il mondo. 
La religione conta in quanto può essere in ciò di aiuto.
La vicinanza di questa visione post-cristiana della fede e della religione alla terza tentazione è inquietante.

(Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, pag. 76)

«”Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”». (Mt 4,8-9)

venerdì 1 novembre 2019

Dobbiamo molto di più


Dovete certo provvedere, mossi da un sentimento di universale benevolenza, a tutti gli individui, ma in modo speciale dovete ricordarvi di coloro che, come membra del Corpo di Cristo, sono a noi strettamente congiunti nell’unità della fede cattolica.

Dobbiamo infatti molto più ai nostri fratelli per la comunione di grazia, di quel che dobbiamo agli altri per la compartecipazione di natura.

San Leone Magno (390-461) Omelie, CXXXIX.

venerdì 25 ottobre 2019

Lo specifico della risposta cristiana


La riparazione dei peccati (anche altrui) toglie realmente i peccati, incarna perfettamente l’amore verso il prossimo che Cristo ci comanda, restaura una vera unità salvifica.
Prendere su di sé oltre ai propri peccati il male che ci viene fatto, offrendolo, è lo specifico imprescindibile della risposta cristiana.
È la risposta che salva i matrimoni e le famiglie anche quando un coniuge se ne va, anche quando un figlio ti disprezza: essa mantiene la realtà del vincolo nonostante l’altro lo calpesti, esso mantiene l’amore nonostante l’altro lo offenda. Tale risposta ripara la società stessa nel male che vi si compie ma soprattutto ripara le anime in vista della salvezza. Ed è una prova di fede virile e di forza.
Tale risposta è possibile perché possiamo attingere e beneficiare del tesoro immenso e soprannaturale costituito dai meriti infiniti dal sacrificio di Cristo, nella Comunione dei Santi, cioè di coloro che a Lui si sono uniti vivendo in santità.

A questo proposito don Divo Barsotti insegnava:

“Se anche dessimo la salute ai malati, la casa a tutti gli uomini non avremmo fatto niente.
La carità più grande è quella soprannaturale che ci unisce gli uni gli altri.
Che cosa c’è di più grande che assumersi il peso del peccato, implorare misericordia per tutti?
Quando tu curi un malato o assisti un vecchio tu rimani distinto da lui. Ma se ti offri a pagare per un’altra persona allora tu veramente ti fai uno con quella persona, cioè ti identifichi a Cristo che nella incarnazione e nella redenzione si è fatto uno con noi.
Nella riparazione tu ti identifichi con colui che ha peccato e questo atto più di tutti gli altri atti compie l’unità.
Un’unità così intima che nemmeno Dio può spezzare”.

Pietro Mainardi

sabato 19 ottobre 2019

Nuove possibilità


Il Soprannaturale al suo ingresso in un anima umana la schiude a nuove possibilità sia di bene che di male.
Di li la strada si biforca: da una parte verso la santità, l’amore, l’umiltà, dall’altra verso l’orgoglio spirituale, lo zelo persecutore.
Se la chiamata divina non ci renderà migliori, ci renderà assai peggiori.
Di tutti gli uomini malvagi, gli uomini religiosi sono quelli peggiori.
Di tutti gli esseri creati, il più malvagio di tutti era uno che all’inizio stava alla diretta presenza di Dio.

C.S. Lewis

domenica 13 ottobre 2019

Egli deve fare solo ciò che vuole


Che il vostro allievo creda sempre di essere il padrone di se stesso ma in realtà siatelo voi.
Non c’è sottomissione più perfetta di quella che conserva l’apparenza della libertà; in tal modo ci si rende padroni della volontà stessa.
Il fanciullino che non sa nulla, che non può nulla, che non conosce nulla, non è alla vostra mercé? Non disponete, rispetto a lui, di tutto ciò che lo circonda? Non avete la facoltà di influenzarlo come vi pare?

I suoi lavori, i suoi giochi, i suoi piaceri, le sue pene non sono tutti nelle vostre mani, senza ch’egli lo sappia?
Certo egli deve fare solo ciò che vuole, ma non deve volere se non ciò che voi volete che egli faccia; non deve fare un passo senza che voi l’abbiate previsto, non deve aprir bocca senza che voi sappiate che cosa dirà.

(Jean-Jacques Rousseau, Émile ou De l’éducation – 1762, Libro II, Garnier Parigi 1957, p. 121)

domenica 6 ottobre 2019

Il consenso degli uomini


Gesù non è venuto per cercare il consenso degli uomini, ma – come dirà alla fine a Pilato – per «dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37).

Il vero profeta non obbedisce ad altri che a Dio e si mette al servizio della verità, pronto a pagare di persona.

È vero che Gesù è il profeta dell’amore, ma l’amore ha la sua verità.
Anzi, amore e verità sono due nomi della stessa realtà, due nomi di Dio.

Benedetto XVI, Angelus del 3 febbraio 2013

martedì 1 ottobre 2019

Nemico della verità


“La stronzata [bullshit] è un nemico della verità più grande della menzogna”. (Harry Frankfurt)

«Frankfurt distingue il “dire stronzate” [bullshitting] dal semplice mentire.
Mentre, infatti, un bugiardo fa deliberatamente un’affermazione falsa (quindi, conoscendo egli stesso la verità), colui che dice una stronzata (“bullshitter”, in inglese) è semplicemente disinteressato alla verità stessa.

I “bullshitters” mirano principalmente a impressionare il proprio pubblico.

Mentre il mentitore deve conoscere la verità per poterla meglio nascondere o contraffare, il “bullshitter” non fa uso alcuno della verità o della nozione di verità.
Per questo motivo, Frankfurt afferma che “la stronzata è un nemico della verità più grande della menzogna”».

Riccardo Zenobi

mercoledì 25 settembre 2019

Non rifiutare di ringiovanire unito a Cristo


La convinzione virgiliana che Roma fosse l’“urbs aeterna”, destinata a permanere e a dominare l’intero mondo civilizzato (orbis), venne duramente messa alla prova dal sacco di Alarico nel 410; i pagani accusarono, infatti, i cristiani di aver provocato “la fine del mondo”. Agostino ritenne di dover rispondere alle accuse con l’opera “De Civitate Dei”.
In essa il vescovo di Ippona delinea una nuova immagine della storia che spezza la fatalità stoica della ripetizione ciclica degli eventi (“circuitus illi iam explosi sunt”, De civ. Dei, XII, 20) e introduce l’idea di tempo “orientato” al ritorno di Cristo e al compimento di tutte le cose.

Nella storia Agostino riconosce il male causato dal peccato originale, ma anche il progredire dell’umanità verso Dio grazie alla redenzione. La dialettica tra bene e male è rappresentata dalla metafora delle due città: la “civitas terrena”, dominata dalla volontà degli uomini di soddisfare l’“amor sui”, e la “civitas Dei”, verso cui tendono coloro che sono illuminati dall’“amor Dei”.
Non si trattava quindi di una fine, ma dell’inizio di una nuova direzione del corso del mondo. L’uomo è un “viator”, un pellegrino verso la patria vera e la visione beatifica di Dio. La sola “urbs aeterna” è la “civitas Dei”, che vive nel tempo, mescolata alla città terrena, ma destinata a trapassare nell’eternità.

«È accaduto perciò che, nonostante tutti i popoli che vivono sulla Terra e hanno diverse religioni, diversi costumi e si distinguono per la diversità delle lingue, delle armi, dell’abbigliamento, non esistono tuttavia che due generi di società umana, che opportunamente potremmo chiamare secondo le nostre Scritture, due città. (...)
Due amori quindi hanno costruito due città: l’amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrena, l’amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé la città celeste. (…) La prima, nei suoi uomini di potere, ama la propria forza; la seconda dice al suo Dio: Ti amo, Signore, mia forza. Nella prima città (…) hanno perciò venerato e adorato la creatura al posto del Creatore, che è benedetto nei secoli. Nell’altra città invece non v’è sapienza umana all’infuori della pietà, che fa adorare giustamente il vero Dio e che attende come ricompensa nella società dei santi, uomini e angeli, che Dio sia tutto in tutti». De civitate Dei, XIV, 1, 28

«Ma perché ti turbi? (…) Che cosa infatti ti viene detto di nuovo, o cristiano, che cosa di nuovo ti si dice? “Nell’epoca cristiana il mondo è devastato, va in rovina”. Non ti ha detto il tuo Signore: “Il mondo sarà devastato”? Non ti ha detto il tuo Signore: “Il mondo andrà in rovina”? Perché credevi ciò quando lo si preannunciava e ti turbi quando si avvera? (…)
Svegliati, scuotiti, di’: Signore, stiamo per affondare! Ecco che cosa ci rinfacciano i pagani e -quello ch’è più grave – i cattivi cristiani. (…) Ti meravigli che il mondo va in rovina? Meravigliati che il mondo è invecchiato. È come un uomo: nasce, cresce, invecchia. (…)

Non desiderare di restare attaccato a un mondo decrepito e non rifiutare di ringiovanire unito a Cristo, che ti dice: “Il mondo va in rovina, invecchia, si sfascia, respira affannosamente per la vecchiaia”. Non temere, la tua gioventù si rinnoverà come quella dell’aquila».

Joseph-Noël Sylvestre: I barbari e il sacco di Roma del 410

giovedì 19 settembre 2019

Il secolo che verrà


Credo che noi stiamo vivendo un momento capitale nella vita dell’umanità. In effetti si vede bene che l’umanità sta cambiando regime.
Invece di svilupparsi in un regime di tradizioni, si sta evolvendo in un regime dove non esiste più una tradizione precisa. La tradizione viene creata e ricreata momento per momento, ad opera della radio o della TV.

Il nostro tempo è quindi un secolo quale finora non si era mai visto. (…) Ci troviamo in un’epoca in cui, come in un cantiere, non si vede più quello che è stato e non si vede ancora quello che sarà.
È un’epoca in cui tutto è possibile, anche l’impossibile. (…) Ho l’impressione che ci andiamo avvicinando a quella che si chiama la fine dei tempi o la fine del tempo, cioè a un momento in cui tutto cambierà.

I rischi preliminari sono numerosi nel momento attuale. Io credo che vi avviciniamo a quella che si può chiamare la fine di un tempo.
Cosa accadrà dopo? Non ne sappiamo nulla. Credo che dopo il folgoramento che prevedo, l’umanità continuerà con un “piccolo avanzo”. Ma non penserà più allo stesso modo.

(J. Guitton, Il secolo che verrà)

giovedì 12 settembre 2019

La parte che fu del monastero


La ragione che giustifica la Proprietà non è che un uomo deve pensare a se stesso; ma, al contrario, che un uomo normale deve pensare ad altre persone, fossero solo una moglie e una famiglia.
È che questa unità dovrebbe avere una base economica per la sua indipendenza sociale. Se pensasse solo a se stesso, potrebbe essere più indipendente da vagabondo; potrebbe essere più sicuro da servo.

Ma il punto che m’interessa ora è che io apprezzo la Proprietà perché è una cosa nobile. Posso rispettare il rivoluzionario che la detesta perché è una cosa ignobile. Ma mi rifiuto di avere a che fare con il cinico che la apprezza perché è una cosa ignobile.
Credo però che in questa crisi storica essa sia diventata una cosa non solo giusta ma, in un senso speciale, sacra. La vera proprietà sarà tanto più sacra in quanto sarà piuttosto rara. 

Sarà un’isola di cultura cristiana in mari di deriva insensata e di mutevoli umori sociali.
In breve, credo che siamo giunti al tempo in cui la famiglia sarà chiamata a sostenere la parte che anticamente fu del monastero.
Vale a dire, si ritireranno in essa non soltanto le virtù caratteristiche che sono sue proprie, ma i mestieri e le pratiche creative che un tempo appartennero a ogni sorta di altre persone.

Gilbert K Chesterton, La famiglia, regno della libertà

sabato 7 settembre 2019

Io sono Dio detronizzato


Se, strappandole la maschera, le chiederete (alla Rivoluzione): chi sei? essa vi dirà: “Io non sono quel che si crede. 
Molti parlano di me e pochissimi mi conoscono. 
Io non sono lo spirito carbonaro… né la sommossa… né il mutare della monarchia in repubblica, né la sostituzione di una dinastia all’altra, né il turbamento momentaneo dell’ordine pubblico.
Io non sono né le urla dei Giacobini, né i furori della Montagna, né la lotta delle barricate, né il saccheggio, né l’incendio, né la legge agraria, né la ghigliottina, né l’affogamento.
Io non sono Marat, né Robespierre, né Babeuf, né Mazzini, né Kossuth. Questi uomini sono i miei figli, non sono me. Quelle cose sono le mie opere, non sono me. Questi uomini e quelle cose sono fatti passeggeri e io sono uno stato permanente.

Io sono l’odio per ogni ordine che l’uomo non ha stabilito e nel quale egli non è re e Dio insieme.
Io sono la proclamazione dei diritti dell’uomo senza cura per i diritti di Dio.
Io sono la fondazione dello stato religioso e sociale sulla volontà dell’uomo al posto della volontà di Dio.
Io sono Dio detronizzato e l’uomo al posto di lui.
Ecco perché mi chiamo Rivoluzione, cioè rovesciamento…

Monsignor Gaume, La Révolution, Recherches historiques, Secrétariat Société Saint Paul, Lille 1877, t. I, p. 18, citato da Jean Ousset, Pour qu’Il règne, p. 122.

domenica 1 settembre 2019

Lodo Pietro, ma prima mi vergogno per lui


Che cosa diciamo di Pietro? 
Predicò Cristo, fu mandato, evangelizzò ancor prima della passione del Signore. 
Sappiamo infatti che gli apostoli furono mandati a predicare il vangelo: fu mandato e predicò. […]
Tuttavia non era ancora simile a Protasio e Gervasio. 
Era già apostolo, era il primo, era unito al Signore. 
A lui era stato detto: “Tu sei Pietro”, ma non era ancora un Protasio o un Gervasio, non era ancora Stefano, non era ancora il fanciullo Nemesiano.
Pietro non era ancora questo; non era ancora ciò che furono certe donne, certe ragazze, come Crispina o come Agnese. Pietro non era ancora al livello della loro fragilità femminile.

Lodo Pietro, ma prima mi vergogno per lui.
Che anima pronta, la sua; ma incapace di misurarsi.
Certo, se non fosse  pronta non direbbe al Salvatore: “Morirò per te. Anche se dovessi morire con te non ti rinnegherò”. […] Ecco che sta per soccombere, ecco che Pietro muore.
Che altro è, infatti, morire, se non rinnegare la vita?
Rinnegò Cristo, negò la vita, morì.

Ma colui che risucita i morti, il Signore, lo guardò e lui pianse amaramente.
Rinnegando perì, piangendo risuscitò.
Per lui morì per primo il Signore, come era necessario; dopo, fu Pietro a morire per il Signore, così come richiedeva l’ordine stesso delle cose; quindi seguirono i martiri.
La via, prima spinosa, fu lastricata, battuta dai piedi degli apostoli e resa più praticabile per quelli che sarebbero venuti dopo.
La terra è stata riempita del seme del sangue dei martiri, e da quel seme è sorta la messe della chiesa.
Hanno affermato Cristo ancor più da morti che da vivi.

(Sant’Agostino, serm. 286, 3-4,3, nella festa dei martiri Protasio e Gervasio)

domenica 30 giugno 2019

Hai ragione anche tu


La storia racconta che Perón, nei suoi giorni di gloria, una volta propose di introdurre un nipote nei misteri della politica.

Per prima cosa portò il giovane con sé quando ricevette una delegazione di comunisti; dopo aver ascoltato le loro opinioni, disse loro: “Avete ragione”.

Il giorno dopo ricevette una delegazione di fascisti e rispose di nuovo ai loro argomenti con: “Avete ragione”.

Poi chiese a suo nipote cosa pensasse e il giovane disse: “Hai parlato con due gruppi che hanno opinioni diametralmente opposte e hai detto ad entrambi che eri d’accordo con loro. Questo è assolutamente inaccettabile”.
Perón rispose, “Hai ragione anche tu”.

domenica 23 giugno 2019

Altezze


«Pensiamo... a St. Patrick a New York che in mezzo a edifici giganteschi sembra come una piccola cittadella, quasi una miniatura... L’altezza dei grattacieli e l’altezza dei campanili sono due altezze del tutto diverse: i grattacieli non rimandano al cielo, ma indicano il potere della terra. Spingono un po’ più su la terra, ma mostrano… che alla fine siamo soli… 

Il campanile, anche se è piccolo… ci parla di tutt’altra altezza, di un’altezza che non si può raggiungere col cemento… Di un'altezza che si chiama Dio».

Joseph Ratzinger

sabato 15 giugno 2019

Perfino nelle stalle


Atene, 370 A.C.: «Quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine; c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?».

Platone, La Repubblica, capitolo VIII.

sabato 8 giugno 2019

Punizione del nostro primo peccato


Si può fare a meno di tutto tranne che di una buona morte. Me lo diceva una delle anime più belle ch’io abbia conosciuto, un vecchio padre domenicano morto a Gerusalemme durante il sonno la notte di Natale, dopo aver cantato la messa di mezzanotte e prima di celebrare quella dell’aurora...

La morte, punizione del nostro primo peccato, resta un castigo; ma quando essa è cristiana, tutto ciò che di doloroso per coloro che restano è la separazione, il vuoto, il crudele ricordo degli ultimi istanti; ma per colui che se n’è andato è la pace, la certezza di un’eternità felice, la sicurezza immutabile, anche se egli non entra subito in cielo, ha la certezza di entrarvi presto, e ormai la sua vita è tutta amore e perfezione.
Vede quelli che ha lasciato, li ama meglio di quanto non facesse quaggiù, li soccorre con le sue preghiere e con tutti i mezzi che Dio gli dà.

(b. Charles de Foucauld)

domenica 2 giugno 2019

Il più terribile degli idoli


Se è radicalmente falso dire con Bergson, seguito da Maritain, che la democrazia moderna “è di essenza evangelica ed ha per motore l’amore” (sic.), è rigorosamente vero pensare che trae origine dalla lenta e costante degenerazione del concetto di Chiesa, preso come società soprannaturale di persone orientate verso la loro salvezza personale nell’altro mondo, in quello di una società temporale di persone raggruppate tra loro per la propria salvezza in questo mondo.

La democrazia moderna è la Chiesa, ma integralmente laicizzata.
Questa la ragione per cui è una religione, una religione della persona, una religione completamente antropocentrica, la cui finalità, cosciente o meno, essendo cattolica, o universale per usurpazione, è di eliminare ogni altra religione fuorché la propria. (…)

Le due guerre planetarie che abbiamo attraversato e che furono condotte per il trionfo dell’ideologia democratica, sono guerre di religione, come del resto le guerre della Rivoluzione francese e quelle di Napoleone (…).

Per questo quelle guerre furono inespiabili: condotte da una parte e dall’altra nel nome del più terribile e del più divoratore degli idoli: l’io, la persona smisuratamente dilatata fino ai limiti della razza, della classe o dell’umanità.

Marcel De Corte, Sulla Giustizia.

domenica 26 maggio 2019

Le idee sostanziali


Per Agostino le idee sostanziali, che Platone fa vivere in un luogo celeste, divengono idee di Dio; la personale ragione cosmica degli stoici diviene il Dio personale, onnisciente e onnipotente. La nous semplicemente teistica di Aristotele diviene il Dio creatore che trascende il mondo, ma che lo conserva eternamente con la sua onnipotenza, lo guida con la sua Provvidenza e lo governa secondo la legge eterna.

Questa legge eterna è per Agostino sinonimo della ragione suprema e della eterna verità, anzi della stessa ragione divina, secondo le cui leggi si compiono e si regolano la vita interna e l’attività esteriore di Dio. La ragione di Dio è ordine, e la sua legge stabilisce questo ordine essenziale, l’ordine degli esseri, delle essenze e dei valori.

Ma questa norma, poiché è identica all’essenza immutabile di Dio riposante in se stessa, non è al di sopra di Dio, ma è data con Lui, è come Lui immutabile. [...] Attraverso questa legge Dio, agendo dal di fuori, conduce e regge l’universo e lo conserva. Dio, ragione suprema, essere immutabile, volontà onnipotente, tutto questo è nella forma più una cosa sola.

Ma la legge naturale, la lex naturalis, e il suo implicito contenuto, lo jus naturale non è altro precisamente che questa legge divina nel suo rapporto all’uomo, in quanto esso partecipa della legge divina stessa. La legge eterna si manifesta, nella natura irragionevole, sotto la gonna di cieca necessità; come dovere, come norma della libera attività morale, essa è iscritta nel cuore dell’uomo, dell’essere ragionevole libero, si manifesta nella natura morale e razionale dell’uomo, è iscritta nella sua anima ragionevole. Non vi è anima, per quanto depravata, nella cui coscienza Dio non parli, purché essa possa ancora pensare.

Vi sono dunque delle azioni umane in sé buone o in sé cattive non perché così qualificate in forza della legge, ma perché sono perturbatio ordinis naturalis, ed è precisamente perché sono tali che il legislatore le proibisce sotto pena di sanzioni, le quali trovano così la loro giustificazione morale.

Non la volontà del legislatore terreno, ma la loro contraddizione con la ragione naturale, costituisce il fondamento della intrinseca immoralità di determinate azioni.

H. Rommen, L’eterno ritorno del diritto naturale.

martedì 21 maggio 2019

Il seme della fede


Dunque, non vedo altra soluzione per l’avvenire se non nel cristianesimo, e più precisamente nel cristianesimo cattolico; la religione del Verbo è la manifestazione della verità, così come la creazione è la visibilità di Dio.

Non pretendo che debba avvenire necessariamente un rinnovamento generale, perché ammetto che popoli interi siano destinati all’annientamento; inoltre, ammetto che in certi paesi la fede si stia inaridendo: ma se ne resta un solo seme, se esso cade su un po’ di terra, anche soltanto nei cocci di un vaso, quel seme germoglierà, e una seconda incarnazione dello spirito cattolico ridarà vita alla società.

François René de Chateaubriand (Memorie d’oltretomba, libro XLII, cap. 16, L’idea cristiana è l’avvenire del mondo, trad. it., Einaudi-Gallimard)

mercoledì 15 maggio 2019

Un optional gradito


Quando la Chiesa si oppone ai veri poteri e peccati di quest’epoca, quando essa denuncia la distruzione del matrimonio, la distruzione della famiglia, l’uccisione dei bambini non ancora nati, le deformazioni della fede: allora le si contrappone subito un Gesù che sarebbe stato solo misericordioso, sarebbe stato sempre comprensivo e non avrebbe mai fatto male a nessuno.

E viene formulata la massima: non si può essere cristiani a spese dell’essere uomini; e per essere uomini si intende poi ciò che pare e piace a ciascuno.
Esser cristiani è un optional gradito, ma non deve costare nulla.

(Joseph Ratzinger, Collaboratori della verità, 1994)

mercoledì 8 maggio 2019

La venuta del loro Autore


«In tutti i segni che furono mostrati, o alla nascita del Signore, o alla sua morte, dobbiamo considerare quanto grande fu la durezza nel cuore di certi giudei, che non lo riconobbero né mediante il dono della profezia, né mediante i miracoli.
Tutti gli elementi, effettivamente, attestarono la venuta del loro Autore.

Per dire qualcosa di essi alla maniera umana, i cieli riconobbero che Costui era Dio perché subito inviarono una stella.
Il mare lo riconobbe perché si offrì ad essere calcato sotto i suoi piedi.
La terra lo riconobbe perché alla sua morte tremò.
Il sole lo riconobbe perché nascose i raggi della sua luce.
Le pietre e le pareti lo riconobbero perché al momento della sua morte si spaccarono.
Gli inferi lo riconobbero perché restituirono coloro che custodivano morti.

E tuttavia Colui che tutti gli elementi privi di ragione percepirono quale Signore, i cuori dei giudei increduli ancora non lo riconoscono affatto Dio e, più duri dei sassi, non vogliono aprirsi alla conversione».

(San Gregorio Magno, Homiliae in Evangelia, 10).

giovedì 2 maggio 2019

Vedrete allora l’asino dettare legge al leone


L’ignoranza, il disprezzo per la cultura, la violenza, il lassismo, il materialismo, saranno i piedi dello scranno sul quale siederà il serpente dei serpenti.
Vedrete allora l’asino dettare legge al leone.
Vedrete gli allievi insultare i loro insegnanti; vedrete la cultura bruciare sulla pubblica piazza, in nome della cultura.

Troppi leoni avranno il cuore dell’asino, e si lasceranno trarre in inganno.
Ho visto il mondo affidato a bestie orrende, con la testa d’asino e il corpo da serpente.
Ho visto l’orrenda strage degli uomini di pietà e degli uomini d’intelletto.
Quando poi l’epidemia avrà contaminato ogni casolare, si renderà necessaria una purificazione generale.

L’acqua dovrà lavare ogni granello di sabbia che copre la terra.
Ho visto san Bernardo e tanti altri spiriti eletti ritornare sulla terra, per istruire le genti.
E le genti, finalmente, sapranno fare tesoro dell’insegnamento.
E l’armonia del tutto si fonderà nella verità e nell’amore.

(Teresa Neumann, Visioni profetiche)

[Morta il 18 settembre 1962, in data 13 febbraio 2005 per volere di San Giovanni Paolo II, Teresa Neumann è stata dichiarata Serva di Dio e il Vescovo di Regensburg, il futuro Cardinale Gerhard Ludwig Müller, ha comunicato a Konnersreuth l'apertura del processo di beatificazione].

sabato 27 aprile 2019

Una selezione puntigliosa


Solgenicyn, dopo la sua lotta con il comunismo, visitò l’America e vi visse per qualche tempo.
Fu accolto come un eroe, per la sua avversione al potere sovietico; ma presto ebbe modo di notare due cose in comune, tra URSS e Usa:
1) il materialismo di fondo;
2) l’esistenza di un pensiero unico, tanto sotto al dittatura sovietica quanto nel “libero” Occidente.

Al riguardo paragonò la “tribù istruita” degli intellettuali russi, colpevoli di aver fatto precipitare il paese nella rivoluzione, alla “tribù istruita” che pontificava, con lo stesso nichilismo, sui media americani ed europei; affermò: “la stampa è diventata la più grande potenza in seno ai paesi occidentali”, ma “andare al nocciolo dei problemi le è controindicato… L’Occidente, che non ha censura, opera tuttavia una selezione puntigliosa separando le idee alla moda da quelle che non lo sono...”.

Discorso di Harvard; biografia della Saraskin (Edizioni San Paolo, 1440 pagine)

domenica 21 aprile 2019

L’amore dell’umanità


Il fatto è che l’amore astratto s’è impossessato di molte mentalità cristiane, ed ha ridotto all’inazione l’amore concreto per il prossimo, quello in carne ed ossa. Senza dubbio, una certa “intellighenzia” cristiana, al vertice dei suoi pensieri e del suo amore, ha soltanto più delle astrazioni: popolo, proletariato, democrazia, evoluzione sociale, per non parlare dell’evoluzione generale dell’universo trasformato in noosfera verso un punto “omega” che sarebbe Dio…
Il cristiano tradizionale non ha mai amato un’astrazione, non un operaio in quanto membro della classe operaia, un duca in quanto aristocratico, un Patagone in quanto uomo.

Gli è impossibile: può amare soltanto quell’operaio, quel duca, quel Patagone, per il semplice fatto che li conosce, che partecipa alla loro vita; perché delle qualità comuni, assolutamente indipendenti dalla loro qualità di operaio, di aristocratico, di uomo in genere, le hanno tessuto fra di loro dei legami concreti.
Ama, nel vero significato del termine, un certo numero di esseri umani, non molti a dire il vero, poiché le sue relazioni sono il più delle volte ristrette.
Se li conoscesse tutti, si sforzerebbe di amarli tutti, quanti sono sulla terra, e se per caso incontra un ferito sul ciglio di una strada, in quel momento lo conosce e lo ama; ma l’amore dell’umanità gli è sconosciuto.

(Marcel de Corte Fenomenologia dell’autodistruttore, Borla 1967)

domenica 14 aprile 2019

Sacramento della libertà personale


Il mio disprezzo degenera in maleducazione quando sento addurre la solita scusa secondo la quale la gente non fa figli perché vuole essere «libera» di andare al cinema, di comprarsi un grammofono o una radio.
Ciò che mi fa desiderare di calpestare come zerbini queste persone è l’uso del concetto di “libertà”.
Con ogni atto di questo genere, esse non fanno che incatenarsi al sistema più servile e meccanico mai tollerato dall’uomo. […] Ora, ogni bambino è di per sé simbolo e sacramento della libertà personale. È un nuovo libero arbitrio che si aggiunge ai liberi arbitri del mondo.

È qualcosa che i suoi genitori hanno scelto liberamente di procreare e che liberamente concordano di proteggere.
Essi sanno che le gioie che egli dà loro (e sono spesso grandi gioie) vengono davvero da lui e da loro stessi, e da nessun altro.
È nato senza l’intervento di padroni o signori.
È una creazione e un contributo, il loro contributo alla creazione.
È una cosa ben più bella, emozionante, piacevole e stupefacente di tutte le risapute trame o monotoni ritmi jazzistici propinati dalle macchine.

Se gli uomini non capiscono più tutto ciò, vuol dire che hanno perso la capacità di apprezzare le cose fondamentali e il senso delle proporzioni.
Chi preferisce i piaceri meccanici a un tale miracolo è finito, è uno schiavo.
Preferisce le briciole della vita alle sue stesse fonti.
Preferisce gli ultimi, falsi, meccanici, infimi, artificiali e logori rimasugli della nostra civiltà capitalista in disfacimento alla realtà, che rappresenta l’unica via di ringiovanimento per l’intera civiltà.
Stringono con le loro mani le catene della loro antica schiavitù, mentre il bambino è pronto per il nuovo mondo.

Chesterton “Bebè e distributismo” (raccolto in “Il pozzo e le pozzanghere”)

lunedì 8 aprile 2019

Assolutamente inscindibili


Credo che si sia ridotto innanzitutto il senso dell’incarnazione, cioè la ragione per cui Dio si è fatto uomo. Di conseguenza, non conoscendo più questo, siamo caduti in una sorta di deismo, per cui basta credere in un Dio qualsiasi…
Di conseguenza, non c’è motivo di ripetere l’invito di Cristo a convertirsi e a credere al Vangelo, per cui la parola “conversione”, è assente, nella predicazione, nelle conferenze teologiche, perché questo termine, come dire, andrebbe a toccare quella che è la condizione reale dell’uomo, chiedendogli davvero un mutamento di mentalità.
Cristo ha inaugurato la sua missione pubblica invitando a convertirsi e credere al Vangelo: la Chiesa è stata istituita per questo.
E quindi il termine carità come lo dobbiamo intendere?

Il termine “carità” va inteso, come lo ha sempre inteso la tradizione cattolica: l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo, che sono assolutamente inscindibili.
Questa è la carità, che deve essere una virtù, cioè un abito permanente del cristiano.
Siccome non sussiste l’amore verso il prossimo, se prima non c’è l’amore verso Dio, bisogna, appunto, amare Dio.
L’amore di Dio implica dare del tempo a lui - ecco il senso del culto a Dio, nella preghiera a Dio, nella fede in Dio - e di conseguenza scaturisce l’attitudine, la virtù dell’amore verso il prossimo. E quindi, dal tempo che diamo a Dio, consegue anche la dedizione nostra al prossimo. Altrimenti la nostra attenzione al prossimo, si confonde col volontariato; ma il volontariato non è la carità.
Il volontariato è l’azione a cui presiede la volontà, ma direbbe San Paolo: se anche dessi le mie sostanze ai poveri, ma non ho la carità…

Don Nicola Bux

mercoledì 3 aprile 2019

Quando ero giovane


Quando ero giovane e libero e la mia immaginazione non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo.
Come divenni più grande e più saggio, scoprii che il mondo non avrebbe potuto essere cambiato, così ridussi la mia visione e decisi di cambiare solo il mio paese, ma anche questo sembrava essere inamovibile.

Come crebbi, al crepuscolo della mia vita, in un ultimo disperato tentativo, decisi di cambiare solo la mia famiglia, quelli più vicino a me. Ma anche questi non volevano niente di tutto ciò.

E ora, che sono legato al mio letto di morte, capisco che se solo avessi cambiato per primo me stesso, forse, con l’esempio, avrei potuto cambiare la mia famiglia. Dalla loro ispirazione e con il loro incoraggiamento avrei quindi potuto cambiare in meglio il mio paese.

E chi lo sa, avrei potuto forse cambiare il mondo.

(Dalla tomba di un Vescovo dell’Abbazia di Westminster)

mercoledì 27 marzo 2019

La media statistica della fede viva


Si dovrebbe evitare soprattutto l’impressione che il papa (o l’ufficio in genere) possa solo raccogliere ed esprimere di volta in volta la media statistica della fede viva, per cui non sia possibile una decisione contraria a questi valori statistici medi (i quali sono poi anche problematici nella loro constatabilità).

La fede si norma sui dati oggettivi della Scrittura e del dogma, che in tempi oscuri possono anche spaventosamente scomparire dalla coscienza della (statisticamente) maggior parte della cristianità, senza perdere peraltro in nulla il loro carattere impegnante e vincolante.
In questo caso la parola del papa può e deve senz’altro porsi contro la statistica e contro la potenza di un’opinione, che pretende fortemente di essere la sola valida; e ciò dovrà avvenire con tanta più decisione quanto più chiara sarà (come nel caso ipotizzato) la testimonianza della tradizione.

Al contrario, sarà possibile e necessaria una critica a pronunciamenti papali, nella misura in cui manca a essi la copertura nella Scrittura e nel Credo, nella fede della Chiesa universale.
Dove non esiste né l’unanimità della Chiesa universale né una chiara testimonianza delle fonti, là non è possibile una decisione impegnante e vincolante; se essa avvenisse formalmente, le mancherebbero le condizioni indispensabili e si dovrebbe perciò sollevare il problema circa la sua legittimità.

(Joseph Ratzinger, Fede, ragione, verità e amore, Lindau, 2009, p. 400)

giovedì 21 marzo 2019

Con profonda e sofferta sensibilità


Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi.

Si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie, in campo dogmatico e morale, creando dubbi, confusioni, ribellioni, si è manomessa anche la Liturgia; immersi nel relativismo intellettuale e morale e perciò nel permissivismo, i cristiani sono tentati dall’ateismo, dall’agnosticismo, dall’illuminismo vagamente moralistico, da un cristianesimo sociologico senza dogmi definiti e senza morale oggettiva.

San Giovanni Paolo II, 6 febbraio 1981