O nel caso dell’aborto, in cui il diritto della madre va a scapito del diritto, almeno presunto, del nascituro. O nel caso di una donna tossicodipendente, o malata di Aids, che voglia partorire, malgrado il gran rischio che andrà a pesare sul suo bambino.
Il fatto che la legge garantisca formalmente certi diritti, o certi interessi (i cosiddetti «diritti legittimi»), non basta, perché esistono innumerevoli aspettative, innumerevoli interessi (i cosiddetti «diritti soggettivi») che la legge non tutela e non può tutelare. Si pensi per esempio al caso recentemente propostosi, di un padre che vorrebbe il figlio la cui madre sceglie, invece, di abortire. La legge è formale, e non può comunque disciplinare tutti i possibili casi.
Per esempio. Chi può garantirmi il diritto, la libertà, di vivere in una città abitabile, senza che la mia esistenza scorra in mezzo al caos del traffico, agli orrori di certi paesaggi urbani, al rumore, agli inquinamenti?
La libertà di costruire quartieri-dormitorio come si concilia con la mia libertà di vivere in un ambiente che sia umano?
Ci sarebbe poi da considerare la garanzia politica che verrebbe offerta dal sistema delle «libertà civili» con la tradizionale tripartizione dei poteri. Il peggio non è mai morto, e infatti si è soliti dire che la democrazia è il «meno peggio» fra i sistemi di governo. Ma se anziché con il peggio ci confrontassimo con un ipotetico meglio, saremmo obbligati ad ammettere, sulla base dei fatti, vicini e lontani, che il sistema delle «libertà civili» non ci garantisce necessariamente dall’inefficienza, dalla corruzione, e neppure dal caos e dalla disgregazione.
La mia impressione è che spesso, quando facciamo l’elogio delle “libertà democratiche”, ci dimentichiamo del fatto che il loro funzionamento, quando davvero funzionano, non è legato tanto alla bontà della formula quanto alle concrete condizioni alle quali viene applicata. Spesso è una stabilità sociale diffusa, dovuta a fattori diversi, e non sono le libertà civili, a garantire convivenze meno drammaticamente violente.
Le libertà civili verosimilmente non sono esportabili in tutto il mondo. La libertà insomma non è una soluzione, è un problema.»
Dal testo inedito di Sergio Quinzio sul tema della «Libertà», preparato per una riflessione su «Religione e potere» promossa nel 1986 dal Teatro Franco Parenti di Milano nell’ambito del ciclo di incontri «Processo alla cultura». Il testo è stato ritrovato dallo studioso e critico teatrale Andrea Bisicchia e pubblicato da Avvenire, 18 ottobre 2009. (Qui il testo completo)
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