venerdì 28 ottobre 2016
Il primo responsabile
La tesi di Kierkegaard è che il «cristianesimo nella cristianità non esiste più» ossia che la cristianità stabilita ha abolito il cristianesimo del Nuovo Testamento.
Il Diario diventa su questo punto sempre più incalzante e alle volte addita in Lutero il primo responsabile. Infatti Lutero non è a posto col Vangelo, cambiò le carte in tavola e ribassò sull’autentica esigenza cristiana. Perciò la dottrina di Lutero non è la dottrina di Cristo: egli distingue la legge e il Vangelo, ch’e tutta dolcezza... e così il cristianesimo diventa tutto ottimismo e la vita cristiana si riduce a un’allegra scampagnata.
E nei riguardi dello stesso Nuovo Testamento Lutero esalta in modo unilaterale l’apostolo (S. Paolo = il momento della Grazia!) per farla da padrone e abbassare il Vangelo (il momento del modello e dell’imitazione) alla misura e debolezza umana.
Allora «... quando non trova la dottrina dell’apostolo nel Vangelo, Lutero conclude: ergo, questo non è Vangelo! E questa piega errata, presa qui da Lutero, è stata poi continuata dal protestantesimo, dove Lutero è stato eretto ad assoluto».
A questo modo il cristianesimo, che il protestantesimo ha allegramente – col ricorso troppo spiccio al principio della Grazia – privato del pungolo dell’imitazione adattandolo alla furfanteria umana, è stato riportato al giudaismo, anzi al paganesimo, e la cristianità attuale è diventata la mistificazione, la piega sbagliata, un puro malinteso..., la negazione del cristianesimo, il peccato contro lo Spirito Santo.
La responsabilità perciò del crollo del cristianesimo nell’età moderna è, secondo Kierkegaard, soprattutto del protestantesimo, per aver scaricato tutto il compito della salvezza sul comodo cuscino della fede-grazia, abolendo il celibato, l’ascesi, il martirio, il chiostro...
Nel campo dottrinale la devastazione e la demolizione è stata compiuta dalla teologia speculativa col fare del cristianesimo una «dottrina oggettiva». Perciò Kierkegaard proclama, contro Lutero e in rottura con l’essenza stessa del principio protestante, che «il principio degli atti [l’imitazione] è più semplice – ossia più autentico – che il principio della fede».
Kierkegaard attaccò perciò Lutero per aver espunto dal canone biblico l’epistola di S. Giacomo come «lettera di paglia» perché essa contrasta il principio luterano della sola fides in quanto l’apostolo afferma che «la fede senza le opere è morta».
Cornelio Fabro. Introduzione alle opere di Kierkegaard
venerdì 21 ottobre 2016
Non angeli nello spazio ma uomini sulla terra
«Se la democrazia consiste nel livellamento alla base, nel rifiuto di ammettere le ineguaglianze naturali; se la democrazia consiste nel credere che il potere trova la sua origine nella massa e non nell’élite, allora effettivamente, ritengo che la democrazia è una finzione.
Non credo al suffragio universale, poiché il voto individuale non tiene conto delle differenze umane.
Non credo all’uguaglianza ma alla gerarchia… io non credo alla libertà ma alle libertà.
La libertà che non si piega davanti all’interesse nazionale, quella libertà si chiama anarchia e distruggerà la nazione.
Non si governano angeli nello spazio, ma uomini sulla terra, che sono come sono e non come alcuni vorrebbero che fossero».
(Antonio de Oliveira Salazar, Capo di Stato. 1889–1970)
domenica 16 ottobre 2016
Un giorno capirete
Dagli appunti dei miei “Dialoghi col Presidente”, [Giovanni] Leone, che è una cronaca, un memoriale destinato a diventare racconto, traggo questi passi che forse non appariranno nella narrazione finale.
***
«Ma Presidente… sto perdendomi: Erode, il Potere, il Presepe… c’è anche una morale in tutto questo? Di che si sta parlando?».Il Presidente mi guardò e scosse la testa, poi fissò con amara consapevolezza il suo grande e antico presepe napoletano:
«Qualsiasi potere in terra non potrà in principio o infine che contrapporsi al cristianesimo, alla Chiesa, per sopravvivere ai suoi desideri: la Chiesa è l’antidoto a qualsiasi potere che desidera diventare onnipotente, ossia, in potenza, ogni potere. Ogni potere vuole fare un uomo nuovo, a sua immagine e somiglianza, funzionale cioè alle sue necessità, ossia ai suoi desideri. Ma questa... questa non sarà mai la creatura divina originaria, non potrà che essere un uomo sfigurato, irriconoscibile da quello creato a immagine e somiglianza di Dio. Per questo ogni potere che vuol essere onnipotente cerca di cancellare la traccia divina dal volto dell’uomo, proiettandolo con l’utopia in paradisi tutti terrestri, mai lambiti da Dio, a lui estranei. Ma l’immagine di Dio è incancellabile sulla creatura divina, riemerge sempre dalle maschere di ferro dell’ideologia che gli sono state incastonate sul volto. E allora si accaniscono contro il corpo mistico di Cristo: la sua Chiesa. Ecco perché Erode si accanisce su quel Bambinello: non solo è a immagine di Dio, è Dio stesso. A voi che siete comunista… vi dovrebbero fischiare le orecchie…».
Sorride felice della provocazione crassa e anche per sdrammatizzare.
«Presidente, non sono comunista, sono solo di sinistra».
«È la stessa cosa… un giorno capirete!».
domenica 9 ottobre 2016
Il suicidio della razza umana
Padre Pellegrino un giorno disse al nostro Santo: «Padre, lei stamattina ha negato l’assoluzione per procurato aborto ad una signora. Perché è stato tanto rigoroso con quella povera disgraziata?».
Rispose Padre Pio: «Il giorno in cui gli uomini, spaventati dal, come si dice, boom economico, dai danni fisici o dai sacrifici, perderanno l’orrore dell’aborto, sarà un giorno terribile per l’umanità. Perché è proprio quello il giorno in cui dovrebbero dimostrare di averne orrore». Poi, afferrato con la mano destra l’interlocutore con il saio, gli calcò la sinistra sul petto, come se volesse impadronirsi del suo cuore, e riprese con un fare molto perentorio: «L’aborto non è soltanto omicidio, ma pure suicidio. E con coloro che vediamo sull’orlo di commettere con un solo colpo l’uno e l’altro delitto, vogliamo avere il coraggio di mostrare la nostra fede? Vogliamo recuperarli sì o no?!».
«Perché suicidio?» domandò Padre Pellegrino.
Assalito da una di quelle, non insolite furie divine, compensate da uno sconfinato entroterra di dolcezza e di bontà, Padre Pio rispose: «Capiresti questo suicidio della razza umana, se, con l’occhio della ragione vedessi ‘la bellezza e la gioia’ della terra popolata di vecchi e spopolata di bambini: bruciata come un deserto. Se riflettessi allora sì che capiresti la duplice gravità dell’aborto: con l’aborto si mutila sempre anche la vita dei genitori.
Questi genitori vorrei cospargerli con la cenere dei loro feti distrutti, per inchiodarli alle loro responsabilità e per negare ad essi la possibilità di appello alla propria ignoranza. I resti di un procurato aborto non vanno seppelliti con falsi riguardi e falsa pietà. Sarebbe un’abominevole ipocrisia. Quelle ceneri vanno sbattute sulle facce di bronzo dei loro genitori assassini.
A lasciarli in buona fede mi sentirei coinvolto nei loro stessi delitti.
Vedi, io non sono un santo, eppure non mi sento mai così vicino alla santità, come quando dico parole forse un po’ forti ma giuste e necessarie a quelli che commettono questo crimine. E sono sicuro di avere ottenuto l’approvazione di Dio per il mio rigore, proprio perché da Lui, dopo queste dolorose lotte contro il male, ottengo sempre, anzi mi sento imporre qualche quarto d’ora di meravigliosa calma».
Obiettando Padre Pellegrino che, “se non riesci ad estirpare le fissazioni ossessive dalla mente dei procuratori di aborti, è inutile maltrattarli con i rigori della Chiesa”, il Padre disse: «Il mio rigore, in quanto difende il sopraggiungere dei bambini del mondo, è sempre un atto di fede e di speranza nei nostri incontri con Dio sulla terra. Purtroppo con il passare del tempo la battaglia diventa superiore alle nostre forze, ma deve essere combattuta ugualmente, perché dalla certezza della sconfitta sulla carta, la nostra battaglia attinge la garanzia della vera vittoria: quella della nuova terra e dei nuovi cieli».
lunedì 3 ottobre 2016
La stessa ambiguità di Pietro
«Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”».
La risposta di Gesù è sorprendente.
Pietro voleva orientare Gesù prendendo l’iniziativa.
Gesù reagisce: “Lungi da me Satana. Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”
Pietro deve seguire Gesù, e non il contrario. È Gesù che dà la direzione.
Satana è colui che devia la persona dal cammino tracciato da Gesù.
Di nuovo, appare l’espressione pietra, ma ora in senso opposto.
Pietro, ora è la pietra di appoggio, ora è la pietra di inciampo!
Così erano le comunità all’epoca di Matteo, marcate dall’ambiguità.
Così, siamo tutti noi e così è, secondo quanto detto da Giovanni Paolo II, il papato stesso, marcato dalla stessa ambiguità di Pietro: pietra di appoggio nella fede e pietra di inciampo nella fede.
ocarm.org/it
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