giovedì 2 febbraio 2012

Roma

Il tramonto dell’Impero romano si situa tra due date: il 378, quando i barbari travolgono le legioni romane ad Adrianopoli è il 476, anno della scomparsa ufficiale dell’Impero. Ma non esistono tramonti irreversibili nella storia.

«La Babele regnava tra i cristiani che non rappresentavano un corpo coeso davanti al duplice nemico che avevano di fronte: il paganesimo all’interno dell’Impero e i barbari al suo esterno. Questa situazione di confusione e disorientamento generale costituì la ragione più profonda del tramonto dell’Impero romano, tramonto spirituale e morale, prima che declino politico, economico e sociale.
Per i Barbari non fu difficile prevalere e il V secolo fu una delle ore più buie nella storia dell’Occidente. Eppure in questa oscurità un astro brillò: mentre l’Impero di Roma si disfaceva, a Roma nasceva un nuovo Impero, non politico, ma spirituale, che abbracciava le anime nel mondo intero, che sfidava i secoli, che ancora oggi è in piedi, nell’ora di questo nuovo tramonto, che non è più il tramonto dell’Impero romano, ma è il tramonto dell’Occidente, mentre nuovi barbari premono alle porte e nuovi pagani perseguitano i cristiani all’interno.
“L’Impero – scrive Dom Guérangercrollerà pezzo a pezzo sotto i colpi dei barbari; ma prima di infliggergli l’umiliazione e il castigo, conseguenza dei suoi crimini secolari, la giustizia divina attenderà che il Cristianesimo, vittorioso sulle persecuzioni, abbia esteso abbastanza in alto e abbastanza lontano i suoi rami per dominare ovunque i flutti di questo nuovo diluvio; lo si vedrà poi coltivare di nuovo e con pieno successo la terra rinnovata e rinvigorita da queste acque purificanti benché devastatrici”.
Dopo il tramonto dell’Impero romano calò la notte sull’Occidente, ma nelle tenebre brillò una luce che annunciò un nuovo giorno della storia. Gli autori del V secolo intravedono questa luce nel Papato, la prima grande istituzione europea che sorge tra le rovine della Romanità. Prospero di Aquitania, discepolo di sant’Agostino e autore di un’opera dedicata a La vocazione dei popoli (Città Nuova, Roma 1998), vede nel Papa Leone I, l’uomo che riuscì a salvare Roma dall’invasione di Attila, il protagonista di questa rinascita.
Era il mese di agosto del 452 quando una delegazione romana, guidata da Papa Leone, affronta sul fiume Mincio, Attila il capo degli Unni. Non conosciamo le parole che gli rivolse, ma Attila, il flagello di Dio, tornò indietro, abbandonò l’Italia e san Leone Magno, salvò Roma, smentendo trionfalmente le critiche dei pagani che attribuivano ai cristiani la perdita dell’Impero. Nel V secolo nessun personaggio, come Leone, ebbe maggiore consapevolezza del tramonto dell’Impero romano, ma anche dell’ascesa di una nuova Roma il cui Impero sarebbe stato molto più vasto e glorioso di quello antico. La Roma cristiana, fondata dagli apostoli Pietro e Paolo, prendeva ormai il posto dell’antica Roma pagana fondata da Romolo e Remo.
I secoli bui passarono e l’Impero romano, dopo il tramonto, rinacque cristiano, inauguando la splendida stagione del Medioevo. Tutto ciò ci insegna che non esistono tramonti irreversibili nella storia e che la Provvidenza tutto può quando agli uomini tutto sembra perduto. Questa fiducia soprannaturale ci anima e ci spinge a guardare con speranza al trionfo della Chiesa, questo sì irreversibile, dopo l’epoca di tramonto che oggi attraversiamo. È una promessa che va di pari passo con quella di Fatima e che ci deve fare dire: infine la Santa Chiesa romana trionferà.»

Prof. Roberto de Mattei a Radio Maria, 19 gennaio 2011
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