giovedì 20 settembre 2012

La banalizzazione della sessualità


Tante persone non vedono più nella sessualità l’espressione del loro amore ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé.

La Sua visita in Africa, nel marzo 2009, ha di nuovo richiamato l’attenzione dei media sulla politica del Vaticano nei confronti dell’AIDS. Il 25% dei malati di AIDS in tutto il mondo oggi viene seguito da strutture cattoliche. In alcuni Paesi, come per esempio nel Lesotho, i malati di AIDS rappresentano più del 40% della popolazione. In Africa, Lei ha dichiarato che la dottrina tradizionale della Chiesa si è rivelata l’unico modo sicuro per arrestare la diffusione dell’HIV. I critici, anche all’interno della Chiesa, sostengono al contrario che è una follia vietare ad una popolazione minacciata dall’AIDS l’utilizzo di profilattici.
Dal punto di vista giornalistico il viaggio in Africa è stato del tutto oscurato da un’unica mia frase. Mi è stato chiesto perché la Chiesa Cattolica, relativamente all’AIDS, assumesse una posizione irrealistica ed inefficace. Così mi sono sentito veramente sfidato, perché la Chiesa fa più di tutti gli altri. E continuo a sostenerlo; perché la Chiesa è l’unica istituzione veramente vicina alle persone, molto concretamente: nel prevenire, nell’educare, nell’aiutare, nel consigliare e nello stare a fianco; e perché come nessun altro si cura di tanti malati di AIDS e, in particolare, di tantissimi bambini colpiti da questa malattia.
Ho potuto visitare una di queste strutture per i malati di AIDS e ho potuto parlare con loro. La risposta è stata sostanzialmente questa: la Chiesa fa più degli altri perché non parla solo dal pulpito dei giornali, ma aiuta i fratelli e le sorelle sul posto. In tale contesto non avevo preso posizione sul problema dei profilattici in generale, ma ho soltanto detto quello che poi ha suscitato tanto risentimento: che non si può risolvere il problema con la distribuzione di profilattici. Bisogna fare molto di più. Dobbiamo stare vicino alle persone, guidarle, aiutarle, e questo anche prima che si ammalino.
È un dato di fatto che i profilattici sono a disposizione ovunque, chi li vuole li trova subito. Ma solo questo non risolve la questione. Bisogna fare di più. Nel frattempo, proprio anche in ambito secolare si è sviluppata la cosiddetta teoria ABC, sigla che sta per “Abstinence - Be Faithful – Condom” [“Astinenza - Fedeltà – Profilattico”]; laddove il profilattico è considerato soltanto come scappatoia, quando mancano gli altri due elementi. Questo significa che concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa origine per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé. Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità.
Vi possono essere singoli casi motivati, ad esempio quando uno che si prostituisce utilizza un profilattico, e questo può essere un primo passo verso una moralizzazione, un primo elemento di responsabilità per sviluppare di nuovo una consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per affrontare il male dell’HIV Esso, in realtà, deve consistere nell’umanizzazione della sessualità.

Tratto da: Luce del mondo. Il papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald. Libreria Editrice Vaticana, 2010. Pag. 169 - 171


::

Nessun commento:

Posta un commento