Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi.
Sprezza la paura, non teme
nè retrocede davanti alla spada.
Su di lui risuona la faretra,
il luccicare della lancia e del dardo.
Strepitando, fremendo, divora lo spazio
e al suono della tromba più non si tiene.
Al primo squilla grida: “Aah!...”
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi, il fragor della mischia.
Se si apre la Scrittura e si legge nell’Antico Testamento la descrizione che Dio fa di alcuni animali, ci si accorge che nessun poeta e pittore li ha cantati o dipinti in modo così vivo e splendido.
Ci voleva l’occhio di Chi li ha creati ad ispirare simili maestose descrizioni. Forse il nostro non è educato a vedere il bello, o vede solo il bello di un certo settore della vita umana, e naturale, perchè non abbiamo educato l’anima.
La contadinella, pur sempre a contatto con la natura ricca dell’orma di Dio, quando arriva in città, veste i più strani colori, con una disarmonia che ferisce gli occhi. Per lei il bello è così e le migliori opere d’arte non valgono molto, se non nulla, perchè non le capisce.
Ma agli occhi di Dio, sarà più bello il bambino che ti guarda con occhietti innocenti, tanto simili alla natura limpida e tanto vivi, o la giovinetta che splende come la freschezza di un fiore appena aperto, o il vecchio avvizzito e canuto, ormai curvo, quasi inabile a tutto, in attesa soltanto della morte?
Il chiccho di grano, così promettente quando, tenue più d’un filo d’erba, aggrappato ai chicchi fratelli, attornianti e componenti la spiga, attende di maturare e svincolarsi, solo e indipendente, nella mano dell’agricoltore o in grembo alla terra, è bello e pieno di speranza!
È bello però anche quando, ormai maturo, è scelto fra gli altri, perché migliore, onde sotterrato, dar vita ad altre spighe, esso che la vita ormai contiene. È bello, è eletto per le future generazioni delle messi.
Ma quando sotterrato, avvizzendosi, riduce il suo essere in poca cosa, più concentrata, e lentamente muore, marcendo, per dar vita ad una pianticella, diversa da esso, ma che di esso contiene la vita, forse è più bello ancora.
Bellezze varie.
Eppure una più bella dell’altra.
E l’ultima la più bella.
Dio le vedrà così le cose?
Quelle rughe che solcano la fronte della vecchietta, quel camminare curvo e tremolante, quelle brevi parole piene d’esperienza e di sapienza, quello sguardo dolce di bambina e donna insieme, ma più buono dell’una e dell’altra, è una bellezza che noi non conosciamo.
E il chicco di grano che, spegnendosi, sta per accendersi ad una nuova vita, diversa dalla prima, in cieli nuovi.
Io penso che Dio veda così le cose e che l’appressarsi al Cielo sia di gran lunga più attraente che le varie tappe del lungo cammino della vita, che in fondo serve solo per aprire quella porta.
Chiara Lubich
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