domenica 1 dicembre 2019

Giudizio solenne contro Formoso


Fu bandito un giudizio solenne contro Formoso: il morto fu citato a comparire in persona innanzi al tribunale di un Sinodo.
Era il Febbraio od il Marzo dell’anno 897, in quello che anche Lamberto imperatore era venuto con sua madre a Roma, dove già comandava da padrone. I Cardinali, i Vescovi e molti altri dignitari del clero si congregarono in sinedrio.
Il cadavere del Papa, strappato alla tomba in cui riposava da otto mesi, fu vestito dei paludamenti pontici, e deposto sopra un trono nella sala del Concilio. L’avvocato di papa Stefano si alzò, si volse verso quella mummia orribile al cui fianco sedeva un Diacono tremante che doveva fargli da difensore, propose le accuse; e il Papa vivente con furore insano chiese al morto:
«Perché, uomo ambizioso, hai tu usurpato la cattedra apostolica di Roma, tu che eri già vescovo di Porto?».


L’avvocato di Formoso parlò in suo patrocinio, seppure il terrore non gli fe’ intoppo alla lingua; il morto restò convinto e fu giudicato; il Sinodo sottoscrisse il decreto di deposizione, pronunciò sentenza di condanna, e deliberò che tutti quelli i quali da Formoso avevano ricevuto ordinazione ordinarsi dovessero nuovamente.
Se il cadavere del Vicario di Cristo si fosse di repente rizzato in piedi e avesse risposto alle accuse che gli erano scagliate, coloro che nel Sinodo tenevano scranna di giudici, colti da terrore mortale sarebbero fuggiti, e alcuni di quei temerari profanatori di sepolcri ne sarebbero stramazzati al suolo per lo spavento; ma la mummia sedeva immobile, tutto chiusa nel suo silenzio.

Le strapparono di dosso i vestimenti pontifici, le recisero le tre dita della mano destra colle quali i Latini sogliono benedire, e con grida barbariche gettarono il cadavere fuor dell’aula: lo si strascinò per le vie, e, fra le orla della plebaglia, lo si buttò nel Tevere.
Non un fulmine del cielo, che pur si spesso e si di buon grado aveva svelato prodigi a tornaconto dei Papi, scoppiò su questo «Sinodo del terrore», nessun martire s’alzò irritato dal suo avello però il caso, che spesso fa le veci della provvidenza, e mostra segni e portenti allorché i Santi se ne stanno muti, volle che tosto dopo crollasse la basilica del Laterano, debole per vecchiezza.

Papa Stefano, che dimorava lì presso nelle case patriarcali, avrà trasalito ne’ suoi truci pensieri, udendo il rovinìo del tempio; e la caduta della chiesa maggiore e madre della Cristianità potrà essergli stato presagio del precipizio che aspettava il Papato stesso e del giudizio che gli pendeva sul capo.

Le onde travolsero il cadavere di Formoso; alcuni pescatori del Tevere lo rinvennero quando Stefano non viveva più; gli avanzi di quell’uomo, che non aveva trovato mai requie in vita nè in morte, furono riposti nuovamente nel suo sepolcro in san Pietro; e vecchi e donne pie narrarono, che le imagini dei Santi, collocate nella cappella in cui si trasportavano le reliquie di lui, chinassero reverenti la fronte innanzi al morto sventurato.

Dal libro di F. Gregorovius, Storia della Città di Roma, Venezia 1873, vol. III, pagg.275-277.

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