giovedì 26 maggio 2011

Gli occhi dell’intelligenza

«[…] Ora vorrei dire qualcosa su una delle condizioni fondamentali, anzi sulla condizione fondamentale, non dico per vedere il Volto di Cristo, ma perfino per desiderare di vederlo.
Dico una ovvietà: chi è cieco non può vedere. Esiste anche una cecità della mente e del cuore che rende non difficile, ma impossibile vedere la realtà spirituale, e quindi anche il Volto di Cristo. Prestatemi bene attenzione.
La realtà non si riduce a ciò che tu vedi, tocchi, ascolti: non si riduce interamente alla realtà sensibile. Esistono realtà che sono puramente intellegibili: ne puoi cogliere l’esistenza solo colla tua intelligenza. Nel forno crematorio gli occhi avrebbero visto solo un corpo bruciare, il corpo di p. Kolbe, ma in quel corpo che bruciava l’intelligenza “vedeva” la realtà di un amore sublime. Possiamo dire: esistono gli occhi del corpo, ed esistono gli occhi della intelligenza. Sono gli occhi dell’intelligenza, illuminati dalla fede, che vedono il Volto di Gesù nel senso che ho spiegato.
Come esiste la cecità che colpisce gli occhi del corpo, così esiste la cecità della mente. Ma non era questo che mi premeva di dirvi.

La cecità della mente è la conseguenza, potremmo dire la figlia, di un uso sregolato della propria sessualità. L’impurità genera l’incapacità di vedere il volto di Gesù: beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Cari giovani, non lasciatevi ingannare dal mondo in cui vivete. Se vi conformerete ad esso, se userete in maniera falsa e cattiva la vostra sessualità, vi precluderete l’ingresso nella realtà più bella e più splendida.
Non è questo il momento per spiegare che cosa significa realizzare la propria sessualità nell’errore e nel male. Volevo solo dirvi che si tratta di un problema fondamentale della vostra vita. Chiedete ai vostri sacerdoti che vi illuminino al riguardo. La castità rende luminosi gli occhi del vostro cuore; l’impurità li acceca.»

Carlo Caffarra. Catechesi in occasione della Visita alla Sacra Sindone. Oropa, 25 aprile 2010
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sabato 21 maggio 2011

Apertura alla vita e sviluppo

Quando una società s’avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo.

«Alcune Organizzazioni non governative, operano attivamente per la diffusione dell’aborto, promuovendo talvolta nei Paesi poveri l’adozione della pratica della sterilizzazione, anche su donne inconsapevoli. Vi è inoltre il fondato sospetto che a volte gli stessi aiuti allo sviluppo vengano collegati a determinate politiche sanitarie implicanti di fatto l’imposizione di un forte controllo delle nascite. Preoccupanti sono altresì tanto le legislazioni che prevedono l’eutanasia quanto le pressioni di gruppi nazionali e internazionali che ne rivendicano il riconoscimento giuridico.
L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo.
Quando una società s’avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo.
Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono.
L’accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco.
Coltivando l’apertura alla vita, i popoli ricchi possono comprendere meglio le necessità di quelli poveri, evitare di impiegare ingenti risorse economiche e intellettuali per sod-disfare desideri egoistici tra i propri cittadini e promuovere, invece, azioni virtuose nella prospettiva di una produzione moralmente sana e solidale, nel rispetto del diritto fon-damentale di ogni popolo e di ogni persona alla vita.»

Benedetto XVI – Caritas in Veritate 28 2009

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lunedì 16 maggio 2011

Il rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale

Se la natura, e per primo l’essere umano, vengono considerati come frutto del caso o del determinismo evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze.

«Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale. Questo è stato donato da Dio a tutti, e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, le generazioni future e l’umanità intera. Se la natura, e per primo l’essere umano, vengono considerati come frutto del caso o del determinismo evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze.
Nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultato dell’intervento creativo di Dio, che l’uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i suoi legittimi bisogni – materiali e immateriali – nel rispetto degli intrinseci equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l’uomo finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per abusarne. Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana della natura, frutto della creazione di Dio.
[…] La natura è a nostra disposizione non come “un mucchio di rifiuti sparsi a caso”, bensì come un dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, affinché l’uomo ne tragga gli orientamenti doverosi per “custodirla e coltivarla”. Ma bisogna anche sottolineare che è contrario al vero sviluppo considerare la natura più importante della stessa persona umana. Questa posizione induce ad atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo: dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, non può derivare la salvezza per l’uomo. […]»

Benedetto XVI – Caritas in Veritate 48 – 2009

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martedì 10 maggio 2011

Problema ecologico, problema antropologico

«[…] Il vocabolario cristiano non parla di “natura”, ma di “creazione”. La differenza è sostanziale. Il termine “creazione” dice che il mondo, l’intero universo ha avuto origine dall’atto creativo di Dio: è, appunto, creatura; non semplicemente natura. Il mondo, dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, “non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso… Il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio” (n. 295).
Non solo. La creazione è stata ordinata da Dio creatore secondo una vera e propria gerarchia. Essa è rivelata stupendamente da un Salmo colle seguenti parole: “quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi” (Sal 8, 4-7). La creazione dunque, nel disegno di Dio, ha un signore, ha un re cui tutto è sottoposto: l’uomo.
[…] Il mondo è creatura di Dio; l’uomo è il centro ed il vertice – sono i pilastri su cui si costruisce una relazione vera e buona tra il Creatore, l’essere umano e il creato: relazione che genera una retta coscienza ecologica.
[…] Poiché il mondo, la creazione è opera di Dio, l’uomo non ne è il padrone assoluto, ma colui che la deve “custodire e coltivare”: la terra va coltivata non sfruttata; le energie del cosmo usate non dilapidate.
Poiché l’uomo è collocato in un grado dell’essere infinitamente superiore a tutta la creazione, egli ha il dovere di governarla studiandone gli ordinamenti intrinseci e ordinandola all’uso della persona umana.
Se la relazione tra il Creatore, l’essere umano e il creato è costruita nel modo suddetto, la coscienza ecologica sarà ispirata nei suoi giudizi, e la libertà governata nelle sue scelte, da quello che il S. Padre chiama il principio della solidarietà intra-generazionale e inter-generazionale. Cioè: la custodia, la coltivazione, l’uso della creazione deve tenere conto dell’uguale diritto di tutte le persone e di tutti i popoli a godere ed usufruire dei beni della creazione (solidarietà, intra-generazionale). Deve tenere conto delle esigenze e dell’uguale diritto delle generazioni future (solidarietà inter-generazionale).


[…] La relazione vera e buona tra il Creatore, l’umanità e il creato è stata infranta dal peccato, fin dalle origini.
Come si manifesta questa falsificazione e rottura? Mi limito a richiamare la manifestazione più importante e drammatica. Ci aiuta ancora a vederla l’apostolo Paolo: “poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna, e hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore” (Rom 1,15).
L’uomo, oggi, non raramente ha “cambiato la verità di Dio con la menzogna”, non ha più riconosciuto la creazione come opera Sua, si è attribuito su di essa un dominio assoluto, comportandosi come un egoistico sfruttatore della medesima.
Il risultato è stato il capovolgimento della situazione: “hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore”. Al posto della creazione è subentrata la Natura, come la pensa l’ideologia ecologista: una nuova dea, Gaia, la grande madre che deve essere venerata e come adorata.
Siamo giunti ad una conclusione assai importante: il problema ecologico è in realtà un problema antropologico, e la sua soluzione dipende in ultima analisi dalla coscienza vera o falsa che l’uomo ha di se stesso.»

Card. Carlo Caffarra – in occasione della “Giornata Mondiale della Pace” – 1 gennaio 2010.

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giovedì 5 maggio 2011

Il carattere cosmico della liturgia

«[…] La liturgia non dovrebbe essere celebrata come l’autorappresentazione della comunità – quando si dice che è importante che ognuno vi metta dentro se stesso – e poi alla fine resta importante solo l’“io stesso”. Si tratta invece del fatto che noi entriamo in qualcosa di molto più grande, che in un certo qual modo usciamo da noi stessi per prendere il largo. Per questo è tanto importante che la liturgia non sia in qualche modo una nostra creazione.
La liturgia è in verità un processo attraverso il quale ci si lascia condurre nel grande credere e nel grande pregare della Chiesa. Per questo motivo i primi cristiani pregavano rivolti ad Oriente, verso il sole che sorge come simbolo di Cristo risorto. Mostravano così che tutto il mondo va verso Cristo e che Egli lo abbraccia.
Questo rapporto con il cielo e con la terra è molto importante. Non a caso le prime chiese erano costruite in modo che il sole irradiasse la sua luce nella casa di Dio in un determinato momento. Proprio oggi che riscopriamo il significato degli effetti reciproci tra terra e cosmo, bisognerebbe anche riscoprire il carattere cosmico della liturgia, tanto quanto quello storico. È importante il fatto che questa non sia stata semplicemente inventata da qualcuno e chissà quando, ma si sia invece sviluppata organicamente a partire da Abramo. Elementi del periodo antico sono presenti nella liturgia.
Per quel che riguarda la questione concreta, la liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II è la forma valida in cui la Chiesa celebra la liturgia oggi. Ho voluto rendere più facilmente accessibile la forma antica soprattutto per preservare il profondo ed ininterrotto legame che sussiste nella storia della Chiesa. Non possiamo dire: prima era tutto sbagliato, ora invece è tutto giusto. In una comunità, infatti, nella quale la preghiera e l’Eucaristia sono le cose più importanti, non può considerarsi del tutto errata quella che prima era ritenuta la cosa più sacra. Si è trattato della riconciliazione con il proprio passato, della continuità interna della fede e della preghiera nella Chiesa.»

Benedetto XVI. Tratto da: Luce del mondo. Il papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald. Libreria Editrice Vaticana, 2010. Pag. 152-154.

domenica 1 maggio 2011

L’uomo autore di se stesso

La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l’uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale.

«(…) L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza. Talvolta l’uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della società. È questa una presunzione, conseguente alla chiusura egoistica in se stessi, che discende – per dirla in termini di fede – dal peccato delle origini. La sapienza della Chiesa ha sempre proposto di tenere presente il peccato originale anche nell’interpretazione dei fatti sociali e nella costruzione della società: “Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi”.
All’elenco dei campi in cui si manifestano gli effetti perniciosi del peccato, si è aggiunto ormai da molto tempo anche quello dell’economia. Ne abbiamo una prova evidente anche in questi periodi. La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l’uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale. La convinzione poi della esigenza di autonomia dell’economia, che non deve accettare “influenze” di carattere morale, ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo.
A lungo andare, queste convinzioni hanno portato a sistemi economici, sociali e politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano. (…)»

Benedetto XVI Caritas in Veritate 34 – 2009

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