giovedì 26 aprile 2012

Perde la pazienza, mai l’amore

«Sebbene facesse il viso del tiranno, aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione nel vedere il suo povero Pinocchio in quello stato compassionevole». (Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio – Capitolo VIII)

«Si leggono di continuo tante sciocchezze e diffamazioni sulla ferocia di Jahvé, il Dio dell’Antico Testamento, che si cerca di mettere in contraddizione con il Nuovo.
Io, al contrario, piango e il mio cuore si scioglie, vedendolo così pieno di dolcezza e di tenerezza. Sono i suoi stessi eccessi di collera che me lo rendono così simpatico, questo Padre, e così vicino.
Si sente che non sa davvero più che fare con quei suoi figli discoli, spesso sciocchi, riottosi, ostinati, ingrati. Si sente che gli fanno perdere la pazienza, anche se mai l’amore.
Non si parla che di questo, nel ménage della Trinità: “Qui, siamo obbligati a fare qualcosa di estremo…”. Dimittefihium meum, Israel (Es 4,23).
Che bontà verso il suo popolo, tenuto così sotto le sue ali!»

Paul Claudel, Diario.

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«E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo». (Genesi 6,6) Ma la famiglia umana continua ad essere da lui amata.


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giovedì 19 aprile 2012

Il fiume vivo della Tradizione

La Tradizione non è una collezione di cose morte. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il grande fiume che ci conduce al porto dell’eternità.

«La Tradizione è la continuità organica della Chiesa, Tempio santo di Dio Padre, eretto sul fondamento degli Apostoli e tenuto insieme dalla pietra angolare, Cristo, mediante l’azione vivificante dello Spirito: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito» (Ef 2,19–22).
Grazie alla Tradizione, garantita dal ministero degli Apostoli e dei loro successori, l’acqua della vita scaturita dal costato di Cristo e il suo sangue salutare raggiungono le donne e gli uomini di tutti i tempi. Così, la Tradizione è la presenza permanente del Salvatore che viene a incontrarci, redimerci e santificarci nello Spirito mediante il ministero della sua Chiesa, a gloria del Padre.
[...] Possiamo dunque dire che la Tradizione non è trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti. Il grande fiume che ci conduce al porto dell’eternità. Ed essendo così, in questo fiume vivo si realizza sempre di nuovo la parola del Signore, che abbiamo sentito all’inizio dalle labbra del lettore: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20)».

Dalla Catechesi di Benedetto XVI: La comunione nel tempo: la Tradizione. Mercoledì 26 aprile 2006.

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sabato 14 aprile 2012

Ortoprassi e ortodossia


«Circolano dei facili slogans. Secondo uno di questi, ciò che oggi conta sarebbe solo l’ortoprassi, cioè il “comportarsi bene”, l’“amare il prossimo”. Sarebbe invece secondaria, se non alienante, la preoccupazione per l’ortodossia e, cioè, il “credere in modo giusto”, secondo il senso vero della Scrittura letta all’interno della Tradizione viva della Chiesa.

Slogan facile perché superficiale: infatti i contenuti dell’ortoprassi, dell’amore per il prossimo, non cambiano forse radicalmente a seconda dei modi di intendere l’ortodossia?

Per trarre un esempio attuale dal tema scottante del Terzo Mondo e dell’America Latina: qual è la giusta prassi per soccorrere i poveri in modo davvero cristiano e dunque efficace? La scelta di una retta azione non presuppone forse un retto pensiero, non rinvia forse alla ricerca di una ortodossia?»


Dal libro “Rapporto sulla Fede”, Vittorio Messori intervista il Card. Ratzinger – 1985. Capitolo 1

lunedì 9 aprile 2012

Avvenimento e Valori

Solidarietà, pace, natura, dialogo possono offrire preziosi impulsi all’inveramento di una totale e appassionata adesione a Gesù, Signore dell’universo e della storia.

«È indubitabile che il cristianesimo sia prima di ogni altra cosa “avvenimento”; ma è altrettanto indubitabile che questo avvenimento propone e sostiene dei “valori” irrinunciabili. Certo non si può, per amore di dialogo, sciogliere il fatto cristiano in una serie di valori condivisibili dai più; ma non si può neppure disistimare i valori autentici, quasi fossero qualcosa di trascurabile. Occorre dunque un discernimento.
Ci sono dei valori assoluti (o, come dicono i filosofi, trascendentali): tali sono, ad esempio, il vero, il bene, il bello. Chi li percepisce e li onora e li ama, percepisce, onora, ama Gesù Cristo, anche se non lo sa e magari si crede anche ateo, perché nell’essere profondo delle cose Cristo è la verità, la giustizia, la bellezza.
Ci sono valori relativi (o categoriali), come il culto della solidarietà, l’amore per la pace, il rispetto per la natura, l’atteggiamento di dialogo ecc. Questi meritano un giudizio più articolato, che preservi la riflessione da ogni ambiguità. Solidarietà, pace, natura, dialogo possono diventare nel non cristiano le occasioni concrete di un approccio iniziale e informale a Cristo e al suo mistero. Ma se nella sua attenzione essi si assolutizzano fino a svellersi del tutto dalla loro oggettiva radice o, peggio, fino a contrapporsi all’annuncio del fatto salvifico, allora diventano istigazioni all’idolatria e ostacoli sulla strada della salvezza.
Allo stesso modo, nel cristiano, questi stessi valori – solidarietà, pace, natura, dialogo – possono offrire preziosi impulsi all’inveramento di una totale e appassionata adesione a Gesù, Signore dell’universo e della storia; è, per esempio, il caso di san Francesco d’Assisi.
Ma se il cristiano, per amore di apertura al mondo e di buon vicinato con tutti, quasi senza avvedersene stempera sostanzialmente il fatto salvifico nella esaltazione e nel conseguimento di questi traguardi secondari, allora egli si preclude la connessione personale col Figlio di Dio crocifisso e risorto, consuma a poco a poco il peccato di apostasia, si ritrova alla fine dalla parte dell’Anticristo».

Giacomo Biffi. “Pinocchio, Peppone, l'Anticristo e altre divagazioni” – Cantagalli 2005 – Pagg. 136, 137

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lunedì 2 aprile 2012

L’afflizione che risana

«È bene essere afflitti e chiamare beata l’afflizione?
Ci sono due tipi di afflizione: una che ha perso la speranza, che non si fida più dell’amore e della verità e quindi insidia e distrugge l’uomo dall’interno: ma c’è anche l’afflizione che deriva dalla scossa provocata dalla verità e porta l’uomo alla conversione, alla resistenza di fronte al male.
Questa afflizione risana, perché insegna all’uomo a sperare e ad amare di nuovo.
Un esempio del primo tipo di afflizione è Giuda che - colpito dallo sgomento per la sua caduta – non osa più sperare e si impicca, in preda alla disperazione.
Al secondo genere appartiene l’afflizione di Pietro che, colpito dallo sguardo del Signore, scoppia in lacrime risanatrici: solcano il terreno della sua anima. Ricomincia da capo e diventa un uomo nuovo.
Di questo genere di afflizione positiva, che costituisce un potere opposto alla signoria del male, troviamo una toccante testimonianza in Ezechiele 9,4. Sei uomini vengono incaricati di punire Gerusalemme – la terra coperta di sangue, la città piena di violenza (cfr. 9,9). Ma prima un uomo vestito di lino deve disegnare un «tau» (una specie di croce) sulla fronte di coloro «che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono» (9,4) e le persone segnate in quel modo scampano al castigo, sono persone che non seguono il branco, che non si lasciano coinvolgere con spirito gregario in una ingiustizia divenuta normalità, ma ne soffrono.
Anche se non sta in loro potere di cambiare la situazione nel suo insieme, oppongono tuttavia al dominio del male la resistenza passiva della sofferenza – l’afflizione che pone un limite al potere del male. […]
A questi afflitti è promessa la grande consolazione.
In questo senso, la seconda Beatitudine è in stretta relazione con l’Ottava: «Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli».
L’afflizione di cui parla il Signore è il non-conformismo col male, è un modo di opporsi a quello che fanno tutti e che s’impone al singolo come modello di comportamento.
Il mondo non sopporta questo tipo di resistenza, esige che si partecipi. Questa afflizione gli sembra una denuncia che si oppone allo stordimento delle coscienze.
E lo è.
Per questo gli afflitti diventano dei perseguitati a causa della giustizia.
Agli afflitti viene promessa consolazione, ai perseguitati il regno di Dio; è la stessa promessa fatta ai poveri in spirito.
Le due promesse sono molto vicine: il regno di Dio – stare nella protezione della potenza di Dio ed essere sicuri nel suo amore – questa è la vera consolazione. […]»

Benedetto XVI – Joseph Ratzinger. “Gesù di Nazareth” Rizzoli, 2007 (pag. 110-113)

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Leggi anche: Dio si è mostrato in Cristo

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