sabato 27 aprile 2019

Una selezione puntigliosa


Solgenicyn, dopo la sua lotta con il comunismo, visitò l’America e vi visse per qualche tempo.
Fu accolto come un eroe, per la sua avversione al potere sovietico; ma presto ebbe modo di notare due cose in comune, tra URSS e Usa:
1) il materialismo di fondo;
2) l’esistenza di un pensiero unico, tanto sotto al dittatura sovietica quanto nel “libero” Occidente.

Al riguardo paragonò la “tribù istruita” degli intellettuali russi, colpevoli di aver fatto precipitare il paese nella rivoluzione, alla “tribù istruita” che pontificava, con lo stesso nichilismo, sui media americani ed europei; affermò: “la stampa è diventata la più grande potenza in seno ai paesi occidentali”, ma “andare al nocciolo dei problemi le è controindicato… L’Occidente, che non ha censura, opera tuttavia una selezione puntigliosa separando le idee alla moda da quelle che non lo sono...”.

Discorso di Harvard; biografia della Saraskin (Edizioni San Paolo, 1440 pagine)

domenica 21 aprile 2019

L’amore dell’umanità


Il fatto è che l’amore astratto s’è impossessato di molte mentalità cristiane, ed ha ridotto all’inazione l’amore concreto per il prossimo, quello in carne ed ossa. Senza dubbio, una certa “intellighenzia” cristiana, al vertice dei suoi pensieri e del suo amore, ha soltanto più delle astrazioni: popolo, proletariato, democrazia, evoluzione sociale, per non parlare dell’evoluzione generale dell’universo trasformato in noosfera verso un punto “omega” che sarebbe Dio…
Il cristiano tradizionale non ha mai amato un’astrazione, non un operaio in quanto membro della classe operaia, un duca in quanto aristocratico, un Patagone in quanto uomo.

Gli è impossibile: può amare soltanto quell’operaio, quel duca, quel Patagone, per il semplice fatto che li conosce, che partecipa alla loro vita; perché delle qualità comuni, assolutamente indipendenti dalla loro qualità di operaio, di aristocratico, di uomo in genere, le hanno tessuto fra di loro dei legami concreti.
Ama, nel vero significato del termine, un certo numero di esseri umani, non molti a dire il vero, poiché le sue relazioni sono il più delle volte ristrette.
Se li conoscesse tutti, si sforzerebbe di amarli tutti, quanti sono sulla terra, e se per caso incontra un ferito sul ciglio di una strada, in quel momento lo conosce e lo ama; ma l’amore dell’umanità gli è sconosciuto.

(Marcel de Corte Fenomenologia dell’autodistruttore, Borla 1967)

domenica 14 aprile 2019

Sacramento della libertà personale


Il mio disprezzo degenera in maleducazione quando sento addurre la solita scusa secondo la quale la gente non fa figli perché vuole essere «libera» di andare al cinema, di comprarsi un grammofono o una radio.
Ciò che mi fa desiderare di calpestare come zerbini queste persone è l’uso del concetto di “libertà”.
Con ogni atto di questo genere, esse non fanno che incatenarsi al sistema più servile e meccanico mai tollerato dall’uomo. […] Ora, ogni bambino è di per sé simbolo e sacramento della libertà personale. È un nuovo libero arbitrio che si aggiunge ai liberi arbitri del mondo.

È qualcosa che i suoi genitori hanno scelto liberamente di procreare e che liberamente concordano di proteggere.
Essi sanno che le gioie che egli dà loro (e sono spesso grandi gioie) vengono davvero da lui e da loro stessi, e da nessun altro.
È nato senza l’intervento di padroni o signori.
È una creazione e un contributo, il loro contributo alla creazione.
È una cosa ben più bella, emozionante, piacevole e stupefacente di tutte le risapute trame o monotoni ritmi jazzistici propinati dalle macchine.

Se gli uomini non capiscono più tutto ciò, vuol dire che hanno perso la capacità di apprezzare le cose fondamentali e il senso delle proporzioni.
Chi preferisce i piaceri meccanici a un tale miracolo è finito, è uno schiavo.
Preferisce le briciole della vita alle sue stesse fonti.
Preferisce gli ultimi, falsi, meccanici, infimi, artificiali e logori rimasugli della nostra civiltà capitalista in disfacimento alla realtà, che rappresenta l’unica via di ringiovanimento per l’intera civiltà.
Stringono con le loro mani le catene della loro antica schiavitù, mentre il bambino è pronto per il nuovo mondo.

Chesterton “Bebè e distributismo” (raccolto in “Il pozzo e le pozzanghere”)

lunedì 8 aprile 2019

Assolutamente inscindibili


Credo che si sia ridotto innanzitutto il senso dell’incarnazione, cioè la ragione per cui Dio si è fatto uomo. Di conseguenza, non conoscendo più questo, siamo caduti in una sorta di deismo, per cui basta credere in un Dio qualsiasi…
Di conseguenza, non c’è motivo di ripetere l’invito di Cristo a convertirsi e a credere al Vangelo, per cui la parola “conversione”, è assente, nella predicazione, nelle conferenze teologiche, perché questo termine, come dire, andrebbe a toccare quella che è la condizione reale dell’uomo, chiedendogli davvero un mutamento di mentalità.
Cristo ha inaugurato la sua missione pubblica invitando a convertirsi e credere al Vangelo: la Chiesa è stata istituita per questo.
E quindi il termine carità come lo dobbiamo intendere?

Il termine “carità” va inteso, come lo ha sempre inteso la tradizione cattolica: l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo, che sono assolutamente inscindibili.
Questa è la carità, che deve essere una virtù, cioè un abito permanente del cristiano.
Siccome non sussiste l’amore verso il prossimo, se prima non c’è l’amore verso Dio, bisogna, appunto, amare Dio.
L’amore di Dio implica dare del tempo a lui - ecco il senso del culto a Dio, nella preghiera a Dio, nella fede in Dio - e di conseguenza scaturisce l’attitudine, la virtù dell’amore verso il prossimo. E quindi, dal tempo che diamo a Dio, consegue anche la dedizione nostra al prossimo. Altrimenti la nostra attenzione al prossimo, si confonde col volontariato; ma il volontariato non è la carità.
Il volontariato è l’azione a cui presiede la volontà, ma direbbe San Paolo: se anche dessi le mie sostanze ai poveri, ma non ho la carità…

Don Nicola Bux

mercoledì 3 aprile 2019

Quando ero giovane


Quando ero giovane e libero e la mia immaginazione non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo.
Come divenni più grande e più saggio, scoprii che il mondo non avrebbe potuto essere cambiato, così ridussi la mia visione e decisi di cambiare solo il mio paese, ma anche questo sembrava essere inamovibile.

Come crebbi, al crepuscolo della mia vita, in un ultimo disperato tentativo, decisi di cambiare solo la mia famiglia, quelli più vicino a me. Ma anche questi non volevano niente di tutto ciò.

E ora, che sono legato al mio letto di morte, capisco che se solo avessi cambiato per primo me stesso, forse, con l’esempio, avrei potuto cambiare la mia famiglia. Dalla loro ispirazione e con il loro incoraggiamento avrei quindi potuto cambiare in meglio il mio paese.

E chi lo sa, avrei potuto forse cambiare il mondo.

(Dalla tomba di un Vescovo dell’Abbazia di Westminster)