lunedì 23 ottobre 2017

Come dubitò Pietro


«Supponiamo, caro amico, che il comunismo fosse solo uno degli strumenti più evidenti di sovversione usati contro la Chiesa e le tradizioni della Rivelazione divina… Sono preoccupato per il messaggio che ha dato la Beata Vergine a Lucia di Fatima.
Questo insistere da parte di Maria sui pericoli che minacciano la Chiesa è un avvertimento divino contro il suicidio di alterare la Fede, nella sua liturgia, la sua teologia e la sua anima…

Sento tutto intorno a me questi innovatori che desiderano smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rigettare i suoi ornamenti e farla sentire in colpa per il suo passato storico…

Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato negherà il proprio Dio, quando la Chiesa dubiterà come dubitò Pietro. Sarà allora tentata in credere che l’uomo è diventato Dio… Nelle nostre chiese i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li aspetta. Come Maria Maddalena, in lacrime dinanzi alla tomba vuota, si chiederanno: “Dove Lo hanno portato?”».

Cardinale Eugenio Pacelli (1876-1958), Segretario di Stato di Papa Pio XI, al suo amico conte Enrico Pietro Galeazzi.

martedì 17 ottobre 2017

Un «consolatore» al posto di un «lodatissimo»


Il Profeta [Maometto] aveva due nomi: Muhammad e Ahmad.
Entrambi derivano dal verbo «lodare». Ahmad è un superlativo e significa «lodatissimo».
Ma dove mai Gesù annuncia l’arrivo di un Ahmad?

Nel Vangelo di Giovanni, risponde l’Islam, prima che i cristiani lo manipolassero per non riconoscere l’apostolo arabo.
Leggiamo in effetti in Giovanni, nel discorso di addio di Gesù ai suoi: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce» (Gv 14,16–17). Quel Consolatore (il quale, come spiegano ancor meglio altri passi evangelici, è lo Spirito Santo) si dice in greco Parakleton, da cui il nostro «Paraclito».
Ma, nello stesso greco, c’è una parola dal suono simile, periclytòs, che vuol dire «nobilissimo» o anche «lodatissimo»: in arabo, Ahmad, il nome di Maometto...
Ecco qui, dunque, la falsificazione operata da quei perfidi cristiani!
Gesù annunciava, chiamandolo per nome, il profeta arabo e i suoi indegni discepoli hanno adulterato i testi perché non fosse conosciuto, mettendo un «consolatore» al posto di un «lodatissimo»!...

La verità oggettiva è che non sono i cristiani ma semmai Maometto ad avere «truccato» il Vangelo.
Ciò con cui il Profeta venne in contatto era il cristianesimo eretico, apocrifo, che circolava allora nella penisola araba. Analfabeta, ingannato da quanto sentiva dire da quei «cristiani» presunti con cui veniva in contatto, Maometto ci ha lasciato nel Corano non un’immagine autentica della fede in Gesù, bensì una sua caricatura.

È convinto, ad esempio, che la Trinità sia composta di Padre, Figlio e Maria.
Crede che l’eucaristia sia stata istituita facendo scendere dal cielo una tavola imbandita.
Confonde Maria, madre di Gesù, con Miriam, sorella di Mosè.
Afferma che al posto di Gesù fu crocifisso un sosia.
Il Corano è insostenibile in ciò che dice del cristianesimo. Ma, d’altro lato, per il muslim quel libro è infallibile, perfetto, dettato parola per parola dal Cielo stesso. Dunque chi sbaglia non è questo testo di Dio: sbagliano le Scritture giudeo-cristiane, perché sono state manipolate.
Inutile, dunque, leggerle.
Inutile, dunque, il dialogo con dei falsari come gli ebrei e come i cristiani.

Vittorio Messori: Pensare la storia – Editrice San Paolo, 1992 – ISLAM 7 (280).

giovedì 12 ottobre 2017

“Io sono l’apostolo di Dio inviato a voi”


Spesso ci si è chiesti se Maometto sia stato «sincero». Per dirla brutalmente: se lo è inventato lui, questo Corano che afferma essergli stato dettato, parola per parola, dall’Arcangelo che ripeteva il testo originale posto da sempre accanto ad Allah?
C’è ormai accordo sul fatto che, almeno agli inizi – quando non poteva prevedere dove lo avrebbe portato la sua avventura e dovette sopportare dure prove –, fu davvero protagonista di fenomeni mistici dei quali nulla sappiamo ma che, soggettivamente, dovette vivere con sincerità e con autentico, sofferto fervore religioso.

Le cose, forse, cambiarono in seguito, quando scomodò la Rivelazione divina per risolvere suoi problemi personali, magari non nobilissimi (come l’eccezione soltanto per lui, datagli direttamente da Allah, di avere dodici mogli – ma pare se ne prendesse almeno quindici – oltre a un numero illimitato di concubine).
Soprattutto, fu costretto a scomodare la voce di Dio stesso per costruire al suo messaggio una sorta di albero genealogico che gli desse legittimità, inserendolo nel monoteismo giudeo–cristiano.

venerdì 6 ottobre 2017

Gli basta il Corano


Forse, meno nota è un’altra delle ragioni dell’impossibilità di dialogo con un musulmano. Dialogare significa confrontarsi, esaminare assieme all’interlocutore le ragioni reciproche. Nel caso cristiano-islamico occorrerebbe innanzitutto mettere a confronto Vangelo e Corano.
Ma è proprio questo che il musulmano rifiuta e rifiuterà sempre di fare, se non a rischio di smentirsi, anzi di distruggersi.

Il maomettano afferma di venerare le Scritture degli ebrei e quelle dei cristiani, ma rifiuta di leggerle: gli basta il Corano.
E non soltanto perché è il culmine della Rivelazione, il testo che tutti gli altri contiene. Ma perché Maometto lo ha messo in guardia: là dove Torah e Vangelo non coincidono con la Scrittura islamica, è perché ebrei e cristiani hanno falsificato i loro libri. Li hanno falsificati, soprattutto, dove annunciavano l’arrivo di lui, il cammelliere della Mecca, l’inviato che Dio avrebbe scelto come «sigillo dei profeti».

Già accennavamo alla delusione di Maometto, che sperava di essere accolto a braccia aperte dalle comunità ebraiche e da quelle cristiane, le quali avrebbero dovuto riconoscerlo come colui che completava la legge di Mosè e di Gesù.
Quando invece del trionfo si trovò di fronte al rifiuto, perché né ebrei né cristiani trovavano traccia di lui nella Scrittura, si lanciò in una polemica virulenta (che i suoi discepoli continuano ancora adesso), componendo molte Sure di maledizione contro costoro che «adulteravano i libri di Dio».
Già nella seconda Sura sta un appello di Allah agli ebrei: «Oh figli di Israele (...) credete a ciò che ho fatto scendere a conferma di quanto è nelle Scritture presso di voi (...). Pure voi leggete il Libro: non comprendete, dunque?».
E poiché non era ascoltato, eccolo passare all'ira: «Guai a quelli che trascrivono il Libro alterandolo!».

Vittorio Messori: Pensare la storia – Editrice San Paolo, 1992 – ISLAM 7 (280).

domenica 1 ottobre 2017

Un magico passe-partout


Oggi che i «saraceni» non dobbiamo più andarli a cercare al di là del mare, come ai tempi delle crociate, ora che li abbiamo – e sempre più li avremo – in casa, dovremmo essere consapevoli (ad evitare illusioni e relative delusioni) di una realtà amara ma confermata da 1300 anni di storia: con l’islamismo è impossibile «dialogare» davvero.

In questi decenni, molti cattolici hanno parlato di «dialogo» sempre e comunque, quasi fosse un magico passe-partout in grado di aprire qualsiasi porta. Checché ne sia delle altre porte, quella musulmana è impenetrabile a questo tipo di chiave. Come dimostra tutta la storia che abbiamo alle spalle.
La Umma, la comunità musulmana, è un blocco chiuso, innanzitutto perché nega ogni distinzione tra temporale e spirituale: il Corano e gli hadit, i detti riferiti dalla tradizione a Maometto, sono la base unica non solo religiosa ma anche sociale e politica. Sono la fonte persino del diritto di successione, del «galateo», del diritto elettorale, delle prescrizioni alimentari, delle norme di guerra.