venerdì 13 dicembre 2019

Gerusalemme ha mura e porte


«Il muro da una parte indica verso l’interno, ha la funzione di proteggere, raccoglierci e condurci l’uno verso l’altro. Il suo senso è quello di riportarci insieme dalle distrazioni nelle quali viviamo all’esterno, dall’opporci l’uno all’altro nel quale spesso ci perdiamo, di donarci la convivenza, di guidarci alla responsabilità dell’uno per l’altro, ma anche di darci il dono e la consolazione della condivisione della fede, dell’essere insieme nel dramma della vita umana.
Per questo i Padri della Chiesa hanno affermato che i muri in ultima analisi siamo noi stessi e lo possiamo essere solamente nella misura in cui siamo pronti a lasciarci squadrare come pietre e a lasciarci connettere l’un l’altro e proprio così, lasciandoci squadrare e facendoci disporre uno accanto all’altro, usciamo da quanto è meramente privato.

Divenendo mura possiamo anche ricevere il dono di essere edificio, di essere sostenuti come noi a nostra volta sosteniamo altri. Il muro guarda verso l’interno, è qualcosa di positivo, che raduna, protegge, unisce.
Ha, però, anche l’altra faccia con la quale guarda verso l’esterno, traccia un confine che tiene lontano quanto non appartiene all’interno.
Quando nel punto culminante del Vaticano II questo pensiero divenne sempre più estraneo e, nell’ottimismo delle nuove aperture, si diffuse la convinzione che non vi erano affatto dei confini, anzi che non ve ne potevano essere, il vescovo evangelico Wilhelm Stählin tenne una conferenza sul tema: “Gerusalemme ha mura e porte”, che fece scalpore.
Ci ricordò che anche la città santa del tempo finale, quale viene delineata nell’Apocalisse di san Giovanni, ha sì delle porte che sono sempre aperte, ma ha nondimeno anche delle mura.

Ci ricordò, dunque, che esiste anche qualcosa che non può entrare, non ha diritto di entrare perché non vengano distrutte la pace e la libertà di questa città.
Giovanni accenna a quella realtà contro la quale stanno le mura con le parole misteriose: «Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna!» (Ap. 22,15). […]
Contro queste realtà si ergono i muri della Chiesa per edificare la città della pace, della libertà e dell’unità.
Questo ci riporta nuovamente ai Padri della Chiesa e al rito della consacrazione della Chiesa in cui la parete viene considerata come la presenza dei dodici apostoli.
I santi sono le mura che ci circondano. Sono loro che ci rendono impermeabili dallo spirito del male, dalla bugia, dall’indisciplina, dalla mancanza di verità e dall’odio.
Nello stesso tempo sono forza di invito, permeabili a tutto ciò che è buono, grande e nobile. I santi sono mura e porta nello stesso tempo. E, in tutta sobrietà, noi stessi dobbiamo essere questi santi, cioè degli uomini che sono l’uno per l’altro delle mura, che tengono lontano ciò che è contrario all’umanità e al Signore, mentre sono spalancati per tutto ciò che è ricerca, domanda e speranza in noi.
Così il segno del muro viene a formare un’unità con quello della porta.»

Joseph Ratzinger, I Sacramenti. Segni di Dio nel mondo, Cantagalli, Siena 2019, pp. 12-14

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