martedì 5 marzo 2013

Gli altari sono diventati “bassari”


Si può chiedere alla liturgia di diventare catechesi?

«Esiste un diritto di Dio a essere adorato: l’ha rivelato a Mosè ordinando nei dettagli la forma della dimora in mezzo al suo popolo e del culto da celebrare; Gesù ha descritto alla samaritana come adorare il Padre, e agli apostoli come preparare l’ultima cena. Il Signore non tollera che la sua competenza sia usurpata: il culto gli appartiene.

Dal substrato giudaico all’impostazione apostolica questo è lo ius divinum nella sacra liturgia: ma non è riconosciuto, come prova il fatto che preti e gruppi la disfano a piacimento. Il metodo per ritus et preces, i riti e le preghiere attraverso cui la costituzione liturgica prescrive che avvenga la comprensione della liturgia è sostituito da una colluvie di parole: il prete pensa che se non spiega, i riti non funzionino quanto a efficacia. Ma, si può chiedere alla liturgia di diventare catechesi?
Così, siamo immersi nella banalità; ai bambini si impedisce di partecipare a liturgie solenni con il pretesto di peculiari esigenze psicologiche, pensando che non capiscano e invece li si priva dell’incontro col mistero divino attraverso lo stupore, il silenzio, l’ascolto, la musica sacra, la preghiera e il ringraziamento come è avvenuto per noi da piccoli, e siamo cresciuti nella fede attraverso la partecipazione alla liturgia cattolica della Chiesa, col suo respiro universale. I piccoli non desiderano diventare grandi e stare con i grandi? 
Giovanni Paolo II, nel 2004, ha promulgato l’istruzione Redemptionis sacramentum per richiamare all’ordine, ma molti la ignorano, la snobbano o la rigettano. Perché?  
San Benedetto scrive nella regola: “Nihil Operi Dei praeponetur (43, 3)” – niente si anteponga all’ufficio divino –: l’idea che la liturgia sia opera divina, opus Dei, che scenda dall’alto, “il cielo sulla terra” dice l’oriente cristiano, si è smarrita: no, la facciamo noi dal basso; così, come ironizza qualcuno, gli altari sono diventati “bassari”, tavoli da avvicinare al popolo e non luoghi alti a cui salire, come al Golgota, per il sacrificio di Cristo e nostro. Il cielo non lo conquistiamo saltando verso l’alto, diceva Simone Weil, il cielo deve scendere!
Perché riaccada tutto questo ci vuole la fede nella presenza del Signore Gesù tra noi. Sant’Ambrogio insegna ai fedeli cosa debbano credere dopo aver celebrato il battesimo: “Credi dunque che là vi è la presenza della divinità. Crederesti, infatti, alla sua azione e non crederesti alla sua presenza? Come potrebbe seguirne l’azione, se prima non precedesse la presenza?”.
È un mistero antico quello della presenza divina, dal primo all’ultimo libro della Bibbia. Gesù, molti “lo pregavano di poter toccare almeno l’orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano” (Matteo 14, 36); perché la sua carne, donata nel Sacramento è la fonte della vita che guarisce e trasfigura l’uomo: “Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti” (Luca 6, 19).»

Nicola Bux. “Come andare a Messa e non perdere la fede” Piemme, 2010
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