giovedì 21 gennaio 2016

Un'infinita nostalgia


Un uomo scendeva ogni giorno nelle viscere della terra a scavare sale. Portava con sé il piccone e una lampada. Una sera, mentre tornava verso la superficie, in una galleria tortuosa e scomoda, la lampada gli cadde di mano e si infranse sul suolo.

A tutta prima, il minatore ne fu quasi contento: “Finalmente! Non ne potevo più di questa lampada. Dovevo portarla sempre con me, fare attenzione a dove la mettevo, pensare a lei anche durante il lavoro. Adesso ho un ingombro di meno. Mi sento molto più libero! E poi... faccio questa strada da anni, non posso certo perdermi!”

Ma la strada ben presto lo tradì. Al buio era tutta un'altra cosa. Fece alcuni passi, ma urtò contro una parete. Si meravigliò: non era quella la galleria giusta? Come aveva fatto a sbagliarsi così presto? tentò di tornare indietro, ma finì sulla riva del laghetto che raccoglieva le acque di scolo.

“Non è molto profondo”, pensò, “ma se ci finisco dentro, cosi al buio, annegherò di certo”. Si gettò a terra e cominciò a camminare carponi. Si ferì le mani e le ginocchia. Gli vennero le lacrime agli occhi quando si accorse che in realtà era riuscito a fare solo pochi metri e si ritrovava sempre al punto di partenza.

E gli venne un'infinita nostalgia della sua lampada.

Attese umiliato che qualcuno scendesse per venire a cercarlo e lo portasse su facendogli strada con qualche mozzicone di candela.


“Lampada sui miei passi è la tua parola, Signore, luce sul mio cammino. Chi scopre la tua parola entra nella luce, anche i semplici la capiscono” (Salmo 119).

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