lunedì 14 novembre 2016

Un’antropologia atea


«Dal connubio tra una visione materialistica dell’uomo e il grande sviluppo della tecnologia emerge un’antropologia nel suo fondo atea.

Essa presuppone che l’uomo si riduca a funzioni autonome, la mente al cervello, la storia umana ad un destino di autorealizzazione. Tutto ciò prescindendo da Dio, dalla dimensione propriamente spirituale e dall’orizzonte ultraterreno.

Nella prospettiva di un uomo privato della sua anima e dunque di una relazione personale con il Creatore, ciò che è tecnicamente possibile diventa moralmente lecito, ogni esperimento risulta accettabile, ogni politica demografica consentita, ogni manipolazione legittimata».

Dal discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Sala del Concistoro. Sabato, 19 gennaio 2013.

A cura del Centro Culturale Internazionale “Joseph Ratzinger” - Campobasso

1 commento:

  1. Lo si comprende molto bene guardando alla scienza medica dove ormai l'essere umano è identificato nei suoi singoli organi ed apparati; se ciò, da un lato, ha contribuito alla miglior conoscenza della fisiopatologia del corpo umano, dall'altro ha creato una grave dissociazione tra il paziente malato e la malattia, senza tener conto dell'interezza e della complessità della dimensione umana.

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