sabato 18 giugno 2016
Non perché siano sempre amabili
Siamo anche tra coloro convinti che, tra l’altro, alle porte della Chiesa – che non è un partito politico, un club culturale, un’agenzia sociale, un sindacato, un gruppo di “umanisti buonisti” – si bussa per credere, pregare, sperare in un Futuro senza tramonto, ben più che per discutere senza fine di problemi di sagrestia; o per impegnarsi in “filantropie” ben lontane (malgrado le apparenze) dal concetto cristiano di “carità”.
La quale (la Carità) è, poi, lo sforzo di amare gli uomini non perché siano sempre amabili, come finge di credere l’irrealismo illuministico, ma per amore del Dio di Cristo.
(Vittorio Messori, “Il Miracolo” Ancora, 1998. Pag. 5)
sabato 11 giugno 2016
Simili al ragno
Ci sono persone simili al ragno, che trasforma in veleno le cose migliori.
Un poveretto, una volta che finisce sulla lingua dei maldicenti, è simile a un chicco di grano, sotto la ruota del mulino: viene lacerato, sfracellato e completamente distrutto.
Questa gente, vi attribuirà delle intenzioni che voi non avete mai avuto, avveleneranno ogni vostra azione e ogni vostro movimento.
Se siete persone pie, che vogliono adempiere fedelmente i doveri della vostra religione, per loro siete solo degli ipocriti, che vi comportate come un dio, quando state in Chiesa, e come diavoli, quando siete in casa vostra.
Se compite opere buone, essi penseranno che lo fate per orgoglio, per farvi vedere.
Se fuggite le abitudini del mondo, per essi siete persone strane, malati di testa; se avete cura dei vostri beni, per essi siete soltanto avari.
Diciamolo francamente, fratelli miei, la lingua del maldicente è come un verme che intacca i buoni frutti, cioè le migliori azioni di questo mondo, e cerca di trasformarli in roba da buttar via.
La lingua del maldicente è come un bruco che insudicia i fiori più belli, deponendo in essi la traccia disgustosa della sua schiuma.
(Dalle omelie del Santo Curato D'Ars)
domenica 5 giugno 2016
L’autorità e l’autoritarismo
Se diciamo di un uomo che «ha autorità», questo giudizio è un elogio. Ma se diciamo: «è autoritario» esprimiamo piuttosto una critica.
Dove sta dunque la differenza tra autorità e autoritarismo?
L’autorità di un uomo si misura dalla sua capacità di comando, cioè dalla fiducia che ispira al suo prossimo e che lo inclina a obbedire senza discutere. Nel celebre dramma «Re Lear», Shakespeare ci mostra il vecchio re spodestato che vaga nella foresta. Un gentiluomo, passando per di là, lo incontra e gli dice: «Non vi conosco, ma sento qualcosa in voi che induce ad obbedirvi. – E cosa è dunque? domanda il re. – L’autorità».
Autorità viene dalla parola latina augere, che significa: aumentare, far crescere. Là si trova il senso e lo scopo dell’autorità. Sentiamo, davanti a colui che la possiede, che obbedendo ai suoi ordini non saremo ingannati, né vessati o frustrati, ma che ci realizzeremo, che la nostra personalità si svilupperà attraverso la disciplina imposta. In altri termini, sentiamo che il capo non comanda in nome proprio, ma obbedisce a una legge superiore che è quella del bene comune di cui egli è rappresentante e intermediario. Così il buon padre di famiglia esercita l’autorità nell’interesse dei figli, il buon padrone in quello di tutti i membri dell’impresa e l’uomo politico degno di questo nome nel nome della nazione intera. In questo senso il capo è il servitore di tutti.
L’uomo autoritario, al contrario, è colui che comanda senza tener conto delle esigenze del bene comune e per il solo piacere di esercitare la propria potenza. I suoi ordini sono arbitrari, capricciosi e, in questa stessa misura, vessatori per coloro che li ricevono. Contrariamente all’etimologia della parola, l’obbedienza a simili ordini degrada l’esecutore in luogo di elevarlo. Ciò genera, a seconda del carattere del subordinato, il servilismo o il ribellismo.
È importante notare che questo autoritarismo è quasi sempre tipico di coloro che hanno la passione del potere senza aver ricevuto il dono naturale dell’autorità. Non possedendo le qualità interiori del vero capo, costoro cercano di colmare questa lacuna moltiplicando ed esagerando le manifestazioni esteriori dell’autorità.
Il vero capo è rispettato perché la sua autorità si impone per virtù propria ed è amato perché sappiamo che la esercita per il bene di tutti.
Il capo autoritario, al contrario, è temuto perché i suoi ordini, ispirati dall’egoismo e dalla vanità e non dalla chiara visione dello scopo da conseguire, sono incoerenti e imprevedibili e, perciò, quasi impossibili da eseguire, fatto che scoraggia l’obbedienza e presto o tardi porta al disprezzo dell’autorità.
L’esempio migliore di una tale contraddizione interna ci viene fornito da quella strana commistione di disciplina rigorosa e di negligenza nell’esecuzione che troppo spesso troviamo nell’organizzazione militare. – «Non ci affrettiamo» mi diceva un vecchio sergente, in attesa del contrordine ogni qual volta riceveva l’ordine di un superiore. L’autorità sana si esercita alla maniera di un dialogo tra due libertà unite in vista di uno scopo comune: quella dell’uomo che comanda e quella dell’uomo che obbedisce. Ma l’autoritarismo, nel deturpare questo rapporto umano, non può creare che dei tiranni che tradiscono il potere di cui abusano e degli schiavi che barano col potere che subiscono.
Gustave Thibon. L’autorité et l’autoritarisme, 29 marzo 1974.
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domenica 29 maggio 2016
L’ego si afferma sovrano
Il matrimonio fondato esclusivamente sulla passione sessuale dura unicamente quanto la passione animale. Entro un paio d’anni l’attrazione animale verso l’altra persona può morire, e quando ciò avviene, la legge corre in suo soccorso giustificando il divorzio con termini privi di senso come «incompatibilità» o «crudeltà mentale». Gli animali non ricorrono mai ai tribunali, perché non hanno la volontà di amare; ma l’uomo, essendo provvisto di ragione, sente il bisogno, quando ha torto, di giustificare l’irrazionalità della sua condotta.
In una civiltà decadente, due sono le ragioni della supremazia del sesso sull’amore.
Una è il declino della ragione. Gli umani, quando rinunziano alla ragione, ricorrono all’immaginazione. Ecco perché il cinematografo e i periodici illustrati godono di una così grande popolarità. Col venir meno della ragionevolezza, i desideri, non più frenati, si manifestano. Poiché di tutti i desideri quelli fisici ed erotici sono i più facili a stabilirsi in noi, in quanto non richiedono alcuno sforzo e sono potentemente aiutati dalle passioni del corpo, il sesso comincia ad assumere la massima importanza. Non è già per un semplice accidente storico che un’era antintellettualistica e irrazionale come la nostra è anche un’era di licenza carnale.
La seconda ragione è l’egoismo. Quanto più si nega la fede nel Giudizio Divino, in una vita futura, nel paradiso e nell’inferno, nonché in un ordine morale, tanto più saldamente l’ego si afferma sovrano come la fonte della propria moralità. Ogni persona si erge a giudice di se stessa. Aumentando questo egoismo, le pretese di autosoddisfazione diventano sempre più imperiose, e gli interessi della comunità e i diritti altrui suscitano sempre minore rispetto. Il peccato è sempre egocentrico, mentre l’amore è altruismo e parentela. Il peccato è l’infedeltà dell’uomo secondo l’immagine di ciò che egli dovrebbe essere nella sua eterna vocazione di figlio adottivo di Dio: l’immagine che Dio vede in Se stesso quando contempla il Suo Verbo.
Fulton Sheen
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