venerdì 14 giugno 2013

Il peccato, l’unica cosa al mondo che non sia sua

Mio Dio, io ti adoro perché hai preso su di te il peso dei peccatori, di coloro i quali ti offendono e ti affliggono continuamente. Tu hai assunto il compito di un servo per gente che non l’aveva chiesto.
Ti adoro per la tua incomprensibile condiscendenza a prenderti cura di me.
O mio Dio, tu avresti potuto lasciarmi fare il mio corso, ed andar diritto all’Inferno per la mia cattiva volontà e la fiducia che avevo in me stesso! Avresti potuto abbandonarmi in quella profonda inimicizia con te, che è la morte dell’anima. Io sarei morto doppiamente, e nessuno, all’infuori di me stesso, ne sarebbe stato responsabile.

Ma tu, Eterno Padre, sei stato buono per me più di quanto lo sono io stesso. Mi hai dato la tua grazia, l’hai effusa su di me, ed è per questo che io vivo.

Mio Dio, Consolatore eterno, io adoro te, che sei la luce e la vita dell’anima mia.
Nella tua infinita bontà fin da principio tu sei entrato nella mia anima, ne hai preso possesso, e vi hai eretto il tuo tempio. Con la tua grazia, che mi unisce agli angeli e ai santi, tu hai abitato in me in un modo ineffabile.
O mio Dio, posso io peccare, quando tu sei così intimamente unito a me?
Posso io dimenticare chi è con me, chi è in me?
Posso io cacciare un ospite divino per una cosa che egli aborre più di ogni altra, che è l’unica cosa al mondo che l’offenda, l’unica cosa che non sia sua?
Mio Dio, di fronte al peccato io mi trovo in una doppia sicurezza: innanzi tutto il timore di profanare al tuo cospetto tutto ciò che tu sei per me; quindi la fiducia che questa stessa presenza mi preserverà dal peccato.
Mio Dio, se pecco tu ti ritiri da me, e mi abbandoni al mio miserabile io.
Voglio fare uso di ciò che mi hai dato, voglio invocarti quando sono provato o tentato.
Voglio guardarmi dalla negligenza e dalla non curanza in cui cado di continuo.
Con la tua grazia non ti abbandonerò mai.

Di John Henry Newman, Meditazione sullo Spirito Santo, in “Meditazione e preghiere”, Jaca, Milano, 2002, pp. 96-97


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